Sassifraga di Facchini

Nome scientifico: Saxifraga facchinii Koch

Famiglia: Saxifragaceae

Habitat naturale: Rupi, ambienti rocciosi e ghiaiosi a prolungato innevamento tra 2400 e 3340 metri. Si tratta di un raro endemismo dolomitico con areale limitato ad una ristretta area compresa tra la Val Gardena, la Val Fassa e il Primiero in Trentino Alto Adige, l’alta Val Cordevole e l’alta Val Bios nel bellunese (Veneto). I gruppi montuosi interessati dalla sua presenza sono, nelle Dolomiti Occidentali, le Pale di San Martino, Latemar, Catinaccio, Marmolada, Sella, Sassolungo e Altopiano di Puez. Nelle Dolomiti Orientali sono noti solamente due piccoli areali: uno sul Piz Lavarella e l'altro su Monte Casale sia sul versante del Valun Blanch che sul versante della Val Travenanzes; si tratta del limite orientale della specie e la sua presenza su queste cime è stata verificata soltanto nell'estate 2008.

Periodo di fioritura: Luglio e agosto

Descrizione della pianta: Pianta perenne alta normalmente appena 1 – 3 cm (in qualche caso fino a 7 cm) che forma densi pulvini con fusti eretti brevi e pelosi. Le foglie sono da lineari a oblungo-lanceolate con apice arrotondato, di colore grigio-argentee, ghiandolose, le superiori patenti. Alla base della pianta persistono le foglie vecchie. I fiori sono in genere solitari o al più in coppia, sostenuti da brevi peduncoli, con petali di colore variabile tra il bianco-giallastro, il roseo e il purpureo, troncati all’apice oppure lievemente bilobati, di lunghezza pari alle lacinie del calice o di poco più lunghi.

Note: Saxifraga Facchinii è una “specie relitta di nunatak”. “Nunatak” è un vocabolo di origine vichinga con cui si indicano in Groenlandia e nei mari artici le poche isole di roccia che emergono dalla banchisa o dai ghiacciai. Si tratta in effetti delle uniche porzioni di crosta terrestre a non essere sommerse dall’immenso spessore della calotta glaciale. Nelle epoche passate, quando le glaciazioni interessarono le Alpi e le Dolomiti, tutte le valli furono sommerse dal ghiaccio per centinaia di metri e solo le cime più alte emergevano dalla calotta. In quell’epoca gran parte delle specie vegetali furono cancellate, incapaci di sfuggire alla morsa del ghiaccio. Solo pochissime specie riuscirono a salvarsi in loco rifugiandosi  su quelle piccole isole rocciose che emergevano dalla calotta ghiacciata. E’ il caso della nostra Saxifraga Facchinii e di poche altre specie identificate quindi con il vocabolo di “nunatakker”. Quando i ghiacciai si ritirarono i nunatakker si trovarono isolati sulle cime più alte delle montagne, incapaci di incrociarsi con altre specie dello stesso genere. Si tratta quindi di piante “relitte” di un epoca trascorsa spesso endemiche e nel complesso molto rare.

Occorre osservare che tutti i nunatakker hanno, come quota inferiore del loro habitat, il limite superiore raggiunto dalla calotta durante le glaciazioni. Questo spiega perché Saxifraga Facchinii non scende mai al di sotto di un margine molto netto posto a circa 2500 metri. Al di sopra di questa altitudine la pianta sale sino alle vette comportandosi così in modo del tutto diverso rispetto alle specie non relitte. Queste ultime con la quota vanno rarefacendosi con limiti massimi di quota piuttosto “sfumati” e variabili a seconda del gruppo montuoso e dell’esposizione.

Un’altra osservazione interessante risiede nella quasi totale assenza di Saxifraga Facchinii nelle Dolomiti Orientali: questo lascia pensare che la calotta glaciale ricoprisse addirittura le vette in questo settore che comprende fra l’altro l’Ampezzano e le Dolomiti di Sesto. Saxifraga Facchinii è invece presente nelle Dolomiti Occidentali che con tutta probabilità emergevano con le loro cime dalla distesa ghiacciata.

Dove l’abbiamo osservata: Tutte le prime sedici fotografie sono state scattate nelle Pale di S.Martino (Dolomiti – Trentino). Le prime undici presso la sommità di Cima Rosetta (circa 2720 metri), le altre in prossimità del Lago della Fradusta (circa 2600 metri). Le ultime due fotografie sono state realizzate lungo il sentiero che dalla Forcella Pordoi conduce al rifugio Boè (m 2850 - Dolomiti - Gruppo Sella).

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