Napello

Nome scientifico: Aconitum napellus L.

Famiglia: Ranuculaceae

Altri nomi comuni:  Aconito, Strozzalupo, Erbatora, Risigallo, Radice del diavolo Erba riga, Erba velenosa

Habitat naturale: Prati e pascoli alpini, luoghi umidi o presso malghe da 600 a 2900 metri di quota; preferisce terreni argillosi o silicei. In Italia è presente sull’intero arco alpino interessando così la Liguria, il Piemonte, la Valle d'Aosta, la Lombardia, il Veneto, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia.

Periodo di fioritura: Da giugno ad agosto

Descrizione della pianta: Pianta erbacea perenne alta tra 50 e 150 cm con fusti semplici o poco ramificati. Le foglie, alterne, hanno un lungo picciolo e sono palmatosette, non più lunghe di 12 cm e non più larghe di 9; sono profondamente divise in lacinie lineari e sottili. I fiori, di colore azzurro – viola intenso (raramente bianchi), sono riuniti in una densa spiga terminale; il calice presenta 5 sepali, il più alto dei quali presenta l’evidente forma di un elmo generalmente più alto che largo. I petali sono invece 8, due dei quali formano dei cornetti contenenti il nettare mentre gli altri 6 sono ridotti a piccole linguette. Ogni anno al tempo della fioritura accanto al tubero vecchio si sviluppano tubercoli laterali che produrranno nuove piante nell’anno successivo.

Note: Le piante di aconito napello crescono quasi sempre in gruppo. E’ un genere estremamente variabile con moltissime sottospecie che danno spesso luogo ad ibridi; per questa ragione Aconitum napellus è considerato un gruppo di specie con forme debolmente differenziate che possono essere distinte l’una dall’altra solo con un esame particolareggiato della pianta.

Come gran parte delle Ranuculaceae, anche il Napello è una pianta velenosa, contiene infatti un alcaloide (aconitina) che risulta essere una delle sostanze vegetali più tossiche che vi siano: pochi milligrammi sono in grado di portare alla morte. L’aconitina agisce infatti sul cuore e sul sistema nervoso centrale; nei casi di grave avvelenamento la morte sopraggiunge per edema polmonare e arresto cardiaco. La pianta è talmente velenosa da risultare tossica anche soltanto tenendola in mano: la pelle ne assorbe infatti i glucosidi che vengono liberati in seguito alle sollecitazioni meccaniche. Questi glucosidi, se liberati, risultano velenosi per la pianta stessa, al punto che reciso il Napello non si conserverà a lungo. In passato la pianta era utilizzata per uccidere volpi e lupi. Nonostante tutto in quantitativi minimi certe specie di napello presentano proprietà farmaceutiche risultando utile nelle nevralgie facciali, nelle artriti, per curare la sciatica e la gotta.

Dove l’abbiamo osservata:  Le prime cinque fotografie sono state realizzate nel versante meridionale di Cima Venegiota (circa m 2300 - Dolomiti - Pale di San Martino). L'ultima fotografia è stata scattata in Val di Zay a circa 2400 metri di quota lungo il sentiero n° 5 che da Solda conduce al Rifugio Serristori nell’ambito del Parco Nazionale dello Stelvio.

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