Gabberi

MONTE GABBERI (m 1108)

Parlare del Gabberi significa soffermarsi sulla montagna apuana superiore ai 1000 metri maggiormente protesa in direzione del mare. Si tratta di un rilievo dalla forma tutt’altro che slanciata e dall’altitudine contenuta. Al cospetto dei giganti presenti nel settore centrale e settentrionale delle Apuane, il Gabberi è una montagna modesta e per certi versi schiva, spesso trascurata anche dagli escursionisti che invece sono calamitati dalle vicine vette delle Panie. Eppure nonostante questo anche il Gabberi ha le sue meraviglie, ma sono doni che riserva ai pochi camminatori che si avvicinano alla montagna con la giusta sensibilità e disposizione. E così il Gabberi vive una sua dimensione umile e appartata: aspetta paziente i pochi che lo salgono ma, chi arriverà in cima, avrà la meritata sorpresa: un panorama fantastico spalancato in direzione del mare sino a scorgere, a grandissima distanza, le Alpi Marittime e la Corsica. Sono inoltre visibili tutte le principali elevazioni apuane e un tratto del crinale appenninico tosco emiliano. Consigliamo per questa piacevole camminata i periodi più freddi dell’anno, sempre che la neve non sia appena caduta sulle cime. In compenso, la grande vicinanza al litorale versiliese fa sì che la neve liberi presto la via di salita facendo del Gabberi una meta spesso conquistabile anche in inverno senza eccessive difficoltà. Da evitarsi invece tutto il periodo tra maggio e ottobre per il caldo e l’umidità opprimente.

Dati tecnici:

Partenza da La Culla (m 451): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale, tutto il percorso è ben segnato ed evidente. Dislivello assoluto: m 657. Acqua: una fonte lungo il tracciato.

Accesso:

Saliamo da Camaiore, in Versilia, seguendo la segnaletica per La Culla: troviamo quasi subito la deviazione a sinistra che conduce, con stretta stradina di montagna, sino alla piccola frazione (m 451). Parcheggiamo nello spiazzo a sinistra per auto e bus che si affaccia come un terrazzo verso occidente in direzione del litorale. Il panorama che si ammira è vasto e suggestivo ed è un ottimo biglietto da visita che lascia presagire l’immensa vista che godremo dalla vetta.

Descrizione del percorso:

Per trovare il nostro sentiero dobbiamo per pochi metri ritornare sui nostri passi seguendo a ritroso e in discesa la strada asfaltata. Troviamo quasi subito uno stradello che si separa sulla sinistra con indicazione per Greppolungo e il primo segnavia bianco rosso. Abbandoniamo pertanto la provinciale per passare sull’ampio stradello, ma lo teniamo per pochi metri: subito oltre siamo ad un secondo importante svincolo. Abbandoniamo la mulattiera che procede rettilinea per passare a sinistra sulla breve scala di pietra con ringhiera (segnavia n° 107). E’ questa l’unica deviazione dell’intero percorso: nel proseguo manterremo il sentiero sino in cima senza trovare alcuna biforcazione. Il percorso si fa immediatamente ripido e in ambiente ombroso: saliamo infatti in un bosco di lecci che attribuisce un sapore addirittura mediterraneo alla salita che si rivela da questo punto di vista molto insolita.

La continuità del bosco è interrotta da un piccolo gruppo di case disabitate ormai in rovina: siamo alle Case Lecci (m 650 – ore 0,30 dalla partenza); il sentiero aggira le case abbandonate a sinistra per poi proseguire nella ripida ascensione. Passiamo a lato di un muretto a secco quindi proseguiamo sino ad un’evidente sella boscata dove il percorso volge verso destra. Poco oltre siamo alla prima vera e propria apertura: il bosco cede il passo ad un’ampia radura con il panorama che si apre alle spalle permettendo di osservare per la prima volta il Golfo di La Spezia e il litorale toscano. Solamente un piccolo tratto della riviera versiliese appare occultato da un vicino rilievo boscato. Procediamo su fondo in parte sassoso quindi il percorso abbandona l’ampia e panoramica cresta per volgere a destra riportandosi nuovamente nel folto del bosco. La salita conduce presso un costone roccioso dove troviamo una caratteristica nicchia che accoglie una risorgiva d’acqua. Subito oltre cambiamo bruscamente pendenza: la salita diviene marcata affrontando un settore dove affiorano alcune rocce calcaree. Nei tratti in massima pendenza sono stati ricavati alcuni gradini artificiali nella roccia che semplificano non poco l’ascensione; si tratta in pratica dell’unica frazione del nostro percorso a richiedere un attimo d’attenzione. Particolarmente con il bagnato il fondo può divenire pericolosamente sdrucciolevole altrimenti un escursionista attento non avrà grossi problemi e raggiungerà, subito sopra, la base di un caratteristico sperone roccioso. In coincidenza di questa parete calcarea la vegetazione meno densa offre l’occasione per un nuovo entusiasmante panorama. Ancora una volta spicca il Golfo di La Spezia con il promontorio di Portovenere e l’isola di Palmaria; il panorama migliore si ha tuttavia sulla riviera della Versilia con bel colpo d’occhio sui suoi caratteristici paesini.

Osservato il paesaggio il nostro percorso prosegue portandosi sotto la verticale del Gabberi: il segnavia aggira a questo punto le ripide pendici sommitali volgendo con decisione a sinistra. Traversiamo sottocrinale con alcuni tratti in pratica piani: il fondo, per lo più erboso, è parzialmente frammisto ad alcuni affioramenti rocciosi che ricordano come le Alpi Apuane siano grandi montagne di marmo. Procediamo verso sinistra sino ad un caratteristico lastrone roccioso inclinato. Il percorso lo aggira a destra tuttavia consigliamo una breve digressione per godere di una fantastica visione. Superando con cautela l’affioramento calcareo si raggiunge infatti un esile pulpito (attenzione al sottostante salto verticale) dal quale osserviamo per la prima volta la sagoma dall’aspetto quasi dolomitico della Pania della Croce. Spostandosi con lo sguardo verso la sua sinistra noteremo il Monte Corchia coprire parzialmente la vista del Monte Sumbra, mentre più lontano sfilano le massime elevazioni apuane (Tambura, Pisanino e Cavallo). L’evidente cocuzzolo boscato in primo piano, più basso della nostra posizione, è il Monte Farnocchia. L’aspetto più interessante del panorama andiamo però a scorgerlo a destra della Pania, notiamo infatti il grande arco naturale di Monte Forato. Da notare che questa è l’unica occasione in questa escursione per poterlo osservare: la vetta del Gabberi offrirà un panorama molto più vasto, tuttavia l’angolazione non favorevole fa sì che l’arco non sia visibile dalla cima. Abbandonato questo esile terrazzino riprendiamo il sentiero che, in diagonale ascendente, supera un tratto roccioso per poi portarsi lungo il filo di cresta. Rivolti ora verso meridione notiamo nella lontana pianura il Lago di Massaciuccoli mentre a sinistra compare un tratto del crinale appenninico tosco emiliano. Il sentiero punta ora verso la già ben visibile sommità del Gabberi: manteniamo grosso modo il crinaletto boscato aggirando a destra i pochi punti un po’ più ardui. Il fondo è articolato con tratti erbosi alternati ad affioramenti rocciosi; non vi è alcuna difficoltà e infine, con un ultimo breve strappo, siamo sull’ampia sommità (m 1108 – ore 2,15 dalla partenza – libro di vetta nascosto tra le rocce sommitali).

La vetta del Gabberi è sorprendentemente libera da alberatura nonostante la quota contenuta: grazie a questo il panorama è d’impressionante vastità e rara suggestione anche perché non vi sono nei paraggi montagne molto più alte ad occultarne il panorama. Particolarmente verso il mare che in linea d’aria è vicinissimo possiamo, nei giorni più chiari, raggiungere con lo sguardo distanze inimmaginabili. Notiamo buona parte dell’arcipelago toscano con l’Isola d’Elba e le isole di Capraia e Gorgona; immediatamente a destra di quest’ultima, un occhio attento noterà, proprio all’orizzonte, le più alte cime della Corsica  solitamente innevate sino ad inizio estate. Spostandosi verso nordovest dopo aver abbracciato un ampio tratto del mar Ligure raggiungiamo la costa versiliese e soprattutto il Golfo di La Spezia con il promontorio di Portovenere. Si scorgono distintamente le due isole di Palmaria e Tino ma ancora una volta la sorpresa sarà ancora maggiore nei giorni più tersi: immediatamente a sinistra delle due isole, al di là del mare, sfilano all’orizzonte le Alpi Marittime e addirittura, più a settentrione, la piramide del Monviso. L’ideale sarebbe avere con sé un binocolo per osservare nei particolari le cime alpine. Verso settentrione spiccano, più ravvicinate, le principali elevazioni delle Alpi Apuane; la prima è il Sagro che appare affiliato e spigoloso, quindi il Pisanino, la Tambura, il Sella, il Fiocca e il Sumbra, quest’ultimo parzialmente occultato dalla vicina, inconfondibile sagoma del Corchia con la sua cima bifida purtroppo sconvolta dalle deturpanti ed evidenti cave di marmo. Volgendo a nord est ecco sfilare il Pizzo delle Saette e la Pania della Croce, quindi la Pania Secca; volgendo ulteriormente ad oriente abbiamo in primo piano monte Nona, il Matanna, quindi il Piglione e, volgendo verso sud, il Prana, ultima importante cima apuana a varcare la soglia dei 1000 metri. Tra queste ultime cime apuane spunta all’orizzonte, in più punti, il crinale appenninico tosco emiliano con le maggiori cime del modenese e del reggiamo. Il nostro giro d’orizzonte termina a sud con la pianura toscana e il lago di Massaciuccoli prima di tornare alla costa toscana e al Tirreno. Dopo una meritata sosta consigliamo per il rientro di tornare a ritroso evitando altre possibilità più complicate che non aggiungerebbero molto al bellissimo panorama di vetta.

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