Altissimo

MONTE ALTISSIMO (m 1589)

Il nome di questa cima potrebbe ingannare: nell’ambito delle Alpi Apuane non è infatti una vetta che spicchi per la sua altitudine; il nome è tuttavia appropriato in quanto dalla riviera versiliese è senza dubbio la montagna più appariscente grazie alla sua parete occidentale che precipita quasi verticalmente per ben 700 metri. La posizione particolarmente vicina alla costa concede dalla sommità una visione molto bella, nei giorni tersi, sull’intero arcipelago toscano e sulla Corsica. L’Altissimo è inoltre ben noto per i suoi marmi tra cui lo splendido “statuario”, completamente candido; putroppo lo sanno molto bene anche i cavatori e infatti numerose sono le cave che hanno sventrato in più punti il versante meridionale e occidentale della montagna. Lo sapeva anche Michelangelo che salì già nel medioevo le pendici di questa montagna alla ricerca di marmo per le sue opere. L’itinerario che vi proponiamo è circolare con la via di salita che sfrutta la cresta nordovest fortunatamente non danneggiata dalle cave di marmo: è il classico trekking apuano di vetta su roccette che richiedono un minimo d’attenzione; un itinerario non troppo lungo e di sicura soddisfazione per gli amanti dei panorami a perdita d’occhio. 

Dati tecnici:

Partenza dal Ristorante Le Gobbie (ex casa Henraux – m 1037): Difficoltà: EE (Vai alla scala delle difficoltà). Suddivisione delle difficoltà in base ai tratti: sino al Passo degli Uncini: E – dal Passo degli Uncini alla cima dell’Altissimo: EE con passaggi di 1° grado inferiore – dalla cima dell’Altissimo al Passo del Vaso Tondo: E – Dal Passo del Vaso Tondo al Ristorante Le Gobbie: T. Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 552. Acqua: assente.

Accesso:

Dal paese di Arni seguiamo la provinciale in direzione di Massa. Poco prima della lunga galleria posta presso il Passo del Vestito e che permetterebbe di passare al versante versiliese, troviamo sulla destra il Ristorante Le Gobbie; un ampio parcheggio sulla sinistra permette di lasciare l’automobile in una posizione comoda.

Descrizione del percorso:

Presso il parcheggio a sinistra della strada per Massa troviamo immediatamente il segnavia n° 33 che indica la mulattiera, inizialmente ampia e comoda, che ci condurrà al Passo degli Uncini. Il tracciato si porta subito nel bosco, e non è cosa sgradita, particolarmente nella stagione calda, considerata la bassa quota dell’itinerario. Nel proseguo, dopo alcune belle aperture, intercettiamo l’ampia strada marmifera che dal Passo del Vestito conduce alle Cave del Fondone. Tralasciamo il sentiero 42 che procede oltre la strada in direzione del Rifugio Città di Massa per volgere invece a sinistra con il nostro tracciato che coincide per un breve tratto con la marmifera. Poco oltre abbandoniamo l’ampia strada bianca per volgere a destra sul sentierino indicato da un ometto di pietra e dal segnavia 33 riportato sui massi (attenzione a non lasciarsi sfuggire il bivio). In decisa risalita siamo nuovamente nella faggeta, qui particolarmente ombrosa e lussureggiante. Non vi sono apprezzabili difficoltà per tutta questa frazione boschiva con panorama per il momento impedito dalla fitta alberatura. Il sentiero si porta infine sotto la verticale del Passo degli Uncini che raggiungiamo in ultimo con un tratto un po’ più ripido. Poco prima del passo si apre la visione grazie al bosco che improvvisamente si dirada, con bel colpo d’occhio in direzione delle più importanti cime delle Apuane settentrionali e centrali; in particolare osserviamo, da sinistra a destra, Monte Contrario e Cavallo, Monte Tambura e Monte Sella. L’accesso al Passo degli Uncini (m 1380 – ore 1 dalla partenza) permette una visione ancora più entusiasmante verso sud ovest in quanto osserviamo distintamente tutta la costa toscana dall’isola d’Elba alla sottostante Versilia; siamo infatti sul crinale principale delle Alpi Apuane sulla displuviale che divide la Garfaganana dal versante versiliese. Da notare il sentierino che si separa sulla destra in direzione di un irto sperone roccioso e di alcune postazioni utilizzate durante il secondo conflitto mondiale.

La nostra escursione procede invece sulla sinistra risalendo alcune facili balze erbose inframezzate da affioramenti rocciosi. Poco sopra si apre ai nostri occhi la visione della sinuosa cresta che conduce direttamente alla cima: l’aspetto del crinale è assai poco invitante per non dire repulsivo: in realtà il percorso abbandona la cresta passando a sinistra del tratto più affilato ed evitando la frazione più esposta. Sempre più bello appare il panorama alle spalle che ora include non solo la Versilia ma anche il  litorale ligure con il promontorio di Lerici; sulla destra notiamo le cave di marmo delle Cervaiole lungo il versante meridionale dell’Altissimo. Come anticipato i segnavia conducono sino alla base del tratto esposto per poi evitarlo abbandonando il sottile crinale: la segnaletica guida sulle roccette a sinistra, portandosi sotto cresta in un tratto che richiede l’uso delle mani (1° grado inferiore) per il superamento di alcuni facili gradoni. Alcuni passaggi sono sottili e in esposizione sul sottostante pendio, ma nel complesso le difficoltà restano contenute ad un livello tale per cui un escursionista con buona esperienza non avrà alcun reale problema. Bello il panorama che si allarga verso nordest ad abbracciare i monti Fiocca e Sumbra, mentre ad oriente l’orizzonte è chiuso dal crinale appenninico Tosco Emiliano, spesso innevato sino a primavera inoltrata. Dopo un breve traverso in parte nuovamente nella faggeta, il sentiero d’improvviso s’impenna volgendo sul pendio a destra e andando, con alcuni brevi salti, a guadagnare nuovamente il crinale spartiacque. Possiamo apprezzare a questo punto la vicinanza della cima, che appare ormai a portata di mano anche se resta la sensazione di un crinale frastagliato e più difficoltoso di quanto in realtà non sia. Più che mai repulsiva appare poi la parete occidentale dell’Altissimo che dalla cima precipita strapiombante per qualcosa come 700 metri e che tanta riverenza suscita se osservata dalla riviera versiliese.

I segnavia guidano nel proseguo evitando elegantemente le maggiori difficoltà: un tracciato ben scelto aggira i settori più esposti mentendosi grosso modo lungo la linea di crinale; ci portiamo infine sotto il salto terminale. Ancora una volta la segnaletica sfrutta le roccette gradinate e ben appigliate della cresta nord occidentale. Utilizzando i solidi affioramenti di marmo e prestando la debita attenzione ai settori più esposti, accediamo in breve alla vetta (m 1589 – ore 2 abbondanti dalla partenza). Immenso il panorama e molto più ampio di quanto si possa supporre in considerazione della quota non così elevata. A ovest osserviamo un ampio tratto della costa toscana e non possiamo fare a meno di pensare ai tanti turisti che con tutta probabilità stanno affollando le spiagge mentre noi ci troviamo a quasi 1600 metri di quota. Verso nord ovest appare ben visibile il promontorio di Lerici ma anche il golfo di La Spezia con le isole di Palmaria e Tino. Verso settentrione spicca l’affilato spigolo di Monte Sagro, ultima grande cima apuana muovendo verso nord; alla sua destra ecco il cocuzzolo di Monte Tambura e il pronunciato valico di Passo Sella; muovendo ulteriormente verso oriente appare ben visibile l’erbosa vetta del Fiocca e la grande parete rocciosa del Sumbra quindi un tratto della Garfagnana oltre la quale è presente come una barriera il crinale appenninico. Infine, verso sudest, ecco un altro bel gruppo di famose vette Apuane: in primo piano, da sinistra a destra, il Freddone e Monte Corchia; fra i due, ma più in lontananza, ecco la Pania Secca, il Pizzo delle Saette e la Pania della Croce, forse la più famosa tra le vette del gruppo sebbene non sia la più elevata. E’ così giunta l’ora di lasciare la cima per proseguire nel nostro itinerario circolare: la discesa avverrà su quella che normalmente è considerata la via normale alla vetta dell’Altissimo. Si tratta di un sentiero semplice, alla portata di qualunque escursionista. Soltanto i primi minuti riservano ancora qualche balzo su roccette comunque elementari. Si scende infatti per un breve tratto lungo il filo roccioso che dalla cima cala verso oriente tra affioramenti di marmo; poco oltre il tracciato volge con decisione verso destra. Su sentiero ampio e ben marcato si traversa in discesa nel complesso moderata transitando in coincidenza di una marcata insellatura della cresta che concede un’impressionante veduta della parete sudovest dell’Altissimo. Da notare nuovamente la vista sul litorale versiliese e alle spalle sulla cima appena discesa. Anche nel proseguo il sentiero, sempre semplice e ben segnato, si avvicina altre volte al filo di cresta con visione che abbraccia lo scempio putroppo operato dalla cava di marmo delle Cervaiole. In ultimo il percorso cala alla marcata insellatura del Passo del Vaso Tondo (m 1380 – mezzora dalla cima) sovrastata a oriente da poderosi strapiombi. Abbandoniamo il crinale per seguire il sentiero che cala a sinistra conducendo alla già visibile, sottostante, Cava del Fondone. Transitiamo tra i caotici detriti abbandonati dalla cava sino a trovare, all’estremità inferiore della zona mineraria, il chiaro cartello segnavia indicante la larga strada bianca che, volgendo a sinistra, riporterà alla partenza.

Il tracciato, come detto, non è più su sentiero: si sviluppa invece su larga marmifera e in pratica senza grandi dislivelli. La traversata è lunga ma senza alcun problema: si tratta in effetti della sezione più noiosa e meno interessante dell’escursione. Non è un caso se l’abbiamo selezionata per uno sbrigativo rientro alla partenza senza panorami rilevanti. In ultimo la marmifera interseca il sentiero 33 chiudendo l’itinerario circolare. L’ultima breve frazione è comune all’andata: si abbandona la strada bianca per passare a destra sul sentiero che riporta al parcheggio presso il Ristorante Le Gobbie (m 1037 – complessivamente meno di 5 ore di cammino)

Nota: Come indicato nella descrizione si tratta di un itinerario circolare percorribile perciò nei due sensi. Consigliamo tuttavia quello descritto in quanto permette di affrontare in salita la frazione più impegnativa che risulterebbe ancora più difficile se percorsa a scendere. Seguendo la direzione da noi proposta si riserva inoltre la sezione più noiosa per ultima quando ormai le energie calano e si è rivolti ormai al termine dell’escursione.

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