Pizzo San Gabriele - Brancastello

PIZZO SAN GABRIELE  (m 2215)

MONTE BRANCASTELLO (m 2385)

Il massiccio del Gran Sasso d’Italia, esteso in lunghezza per quasi 50 km, sovrasta per un lungo tratto lo spettacolare altipiano d’altitudine di Campo Imperatore grazie ad un magnifico crinale per gran parte percorribile dagli escursionisti. Tra le cime più consigliabili per i camminatori vi è senz’altro il Monte Brancastello. L’interesse di questa cima non si limita alla visione dall’alto della distesa di Campo Imperatore; la vicina presenza delle quinte dolomitiche del Corno Grande aggiungono una spettacolare visione tranquillamente paragonabile a quella di molte cime situate sulle lontane Dolomiti. Tra giugno e luglio la marcia si sviluppa in un paradiso di fiori tra cui dobbiamo ricordare la rara ed endemica Stella alpina dell’Appennino presente sul Brancastello in straordinaria abbondanza. Come spesso avviene nel Gran Sasso, non è raro che il crinale sbarri le nubi portate dalle correnti che soffiano impetuose a questa quota. E’ bene quindi consultare le previsioni con estrema attenzione per evitare di trovarsi in una fitta nebbia, cosa tutt’altro che infrequente anche nella breve stagione estiva d’alta quota. Il periodo migliore per eseguire l’escursione è senz’altro quello compreso tra giugno e agosto; il Brancastello può comunque essere salito anche in autunno fino a tutto ottobre, tuttavia l’esplosione del verde e dei fiori della prima parte dell’estate è da preferirsi all’aridità che caratterizza il periodo successivo ad agosto quando l’erba inaridisce e si secca in attesa del nuovo inverno.

L’escursione in breve:

Tornante SS 17 bis dir.C (m 1800) – Vado di Corno (m 1924) – Pizzo San Gabriele (m 2215) – Monte Brancastello (m 2385)

Dati tecnici:

Partenza dal tornante SS 17 bis dir C (m 1800): Difficoltà: E (T dalla partenza a Vado di Corno; E per tutta la frazione successiva con un brevissimo tratto EE di pochi metri un po’ esposto) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 585. Acqua sul percorso: assente.

Accesso:

Usando l’autostrada A24 Roma – L’Aquila si consiglia l’uscita di Assergi per poi seguire la segnaletica per Campo Imperatore. Si attraversa la bella località di Fonte Cerreto quindi si prosegue lungo la SS 17 bis guadagnando in salita la grande distesa di Campo Imperatore. Al bivio nell’altipiano, segnalato dai cartelli segnaletici, volgiamo a sinistra salendo in direzione dell’Albergo Campo Imperatore. Il percorso stradale sfiora il laghetto Pietranzoni (m 1637) dal quale godiamo di un primo paesaggio mozzafiato sul Corno Grande. Poco oltre, subito prima che la statale cominci ad inerpicarsi ripida in direzione dell’albergo e dell’Osservatorio astronomico di Campo Imperatore, si parcheggia in coincidenza di un tornante che volge verso sinistra (m 1805). Come riferimento si osserva una larga strada bianca tagliare diagonalmente verso destra in direzione della linea di cresta. Si tratta della prima frazione che percorreremo a piedi, il tratto infatti non è interdetto ai mezzi motorizzati ma è percorribile con grande difficoltà anche dalle macchine 4x4.

Descrizione del percorso:

Come anticipato, partendo dal tornante si segue a piedi la strada bianca che muove in moderata salita in direzione del crinale. Il percorso, ampio e comodo, traversa in lunga diagonale ascendente dapprima tra i prati quindi su detrito fine e compatto. La vista è estesa al distante Monte Brancastello, obiettivo finale della nostra ascensione e all’estremo lembo pianeggiante di Campo Imperatore. Su detrito calcareo di colore chiaro, addirittura accecante quando il sole splende, risaliamo comodamente sino a guadagnare il crinale in coincidenza dell’importante valico denominato Vado di Corno (m 1924 – ore 0,25 dalla partenza). Il paesaggio cambia improvvisamente di carattere; compare infatti, di fronte a noi, la colossale parete del Corno Grande a creare un marcato contrasto con i dolci pendii erbosi e il grande altopiano di Campo Imperatore che ha caratterizzato la prima parte di cammino.     

Possiamo ora affrontare il lungo sentiero che muove verso destra ricalcando il filo di cresta o scostandosi poco alla sua destra per evitare le frazioni più difficoltose. In questo primo tratto del sentiero di displuviale attraversiamo verdeggianti prati ridondanti di fiori d’ogni genere e colore. Volgendo lo sguardo alle nostre spalle, ci rendiamo conto di quanto imponente sia il Corno Grande. La sua sagoma  ricorda niente meno che il Sassolungo, montagna dolomitica per eccellenza e non così dissimile come profilo e come altitudine. Il sentiero appare come un’evidente striscia scavata nel manto erboso che traversa alternando frazioni piane ad altre in debole salita. Sulla nostra destra la visione dell’immenso piano di Campo Imperatore costituisce un panorama unico nel suo genere nell’ambito del territorio italiano e ci accompagnerà per gran parte del proseguo. Poco oltre tocchiamo una prima volta la linea di crinale con la vista che si apre vastissima al versante teramano arrivando a scorgere nel fondo valle i viadotti dell’autostrada Roma – L’Aquila. La sensazione è di essere sospesi tra cielo e terra: il Corno Grande alle spalle, Campo Imperatore a destra, le colline che digradano verso il mare a sinistra. Il percorso prosegue scostandosi nuovamente a destra dello spartiacque; superiamo un caratteristico affioramento calcareo con fondo ora detritico. Subito oltre siamo nuovamente tra i prati d’altitudine; in diagonale ascendente riprendiamo la linea di cresta in coincidenza di un tratto più dirupato. Alcuni paletti in ferro sono ciò che resta di una vecchia recinzione che in precedenza impediva di protendersi verso lo strapiombante salto rivolto a settentrione.

Superato questo punto il sentiero ricalca fedelmente il crinale in questo tratto particolarmente articolato con una serie di risalti rocciosi. In una breve frazione il sentiero affronta alcune roccette con traccia che richiede piede fermo per via del fondo instabile e per la lieve esposizione a destra. Si tratta di pochi metri ed è l’unico tratto dell’escursione a richiedere attenzione, specie se il fondo non dovesse essere completamente asciutto. Scavalcato questo breve tratto roccioso assai erto, lo spartiacque diviene più ampio e il sentiero lo rimonta tra i prati con pendenza che diviene d’improvviso più significativa. Siamo intorno ai 2000 metri e un occhio attento, nei mesi di luglio ed agosto, comincerà a scorgere alcuni esemplari della rara ed endemica Stella alpina dell’Appennino (Leontopodium nivale) che ci accompagneranno sino alla vetta del Brancastello. Compare a sinistra la marcata sagoma del Pizzo San Gabriele caratterizzata da un’assenza quasi totale di vegetazione. Con un tratto particolarmente erto superiamo il soprastante dorso erboso portandoci poco a destra proprio del Pizzo San Gabriele. Deviando a sinistra su percorso non obbligato ma privo di difficoltà possiamo guadagnarne in pochi minuti il punto più alto (m 2215).

Eseguita questa breve e facile digressione riprendiamo il sentiero di displuviale che comincia ad assumere caratteristiche d’alta montagna. Senza difficoltà il percorso aggira prima a destra poi a sinistra alcuni modesti risalti del crinale mentre di fronte a noi comincia a delinearsi il Monte Brancastello con la sua nuda sommità detritica. La pendenza in questo breve tratto poco significativa diviene poco oltre nuovamente marcata con l’esile solco che abbandona i prati per affrontare le soprastanti ghiaie e le facili roccette calcaree affioranti. Superiamo una balza più erta con il paesaggio, soprattutto alle spalle, che diviene particolarmente esteso raggiungendo a distanza il margine occidentale di Campo Imperatore. La cima del Brancastello è ormai non distante: ancora una volta debordiamo nei prati a destra dello spartiacque per evitare una frazione di crinale particolarmente erta. Siamo ormai in vista della soprastante cima, riconoscibile al pari del precedente Pizzo San Gabriele per l’assenza quasi totale di erbe che ne rivestano la cuspide sommitale. Raggiunti gli ultimi metri di salita passiamo a sinistra della cima risalendo agevolmente il fondo detritico sino ad accedere al punto più alto (m 2385 – ore 2,15 dalla partenza – cartello indicante il toponimo della cima).

Da rilevare il paesaggio aperto dalla vetta in direzione del sorgere del sole. Il crinale procede visibilmente in questa direzione sino a scorgere la cima del Monte Prena con, alla destra, l’estremo lembo orientale di Campo Imperatore. E’ comunque osservabile quasi per intero il grande altopiano che in effetti costituisce l’elemento dominante del panorama unitamente alla vista del Corno Grande che ci ha accompagnato sin dal Vado di Corno. Il rientro avviene a ritroso ed impegna per meno di 2 ore (circa 4 ore complessive).                                                    

Cenni sulla flora:

Percorrendo l’itinerario descritto alla fine del mese di luglio abbiamo potuto osservare un numero consistente di specie floreali compresi alcuni rari endemismi. Segue una lista della piante più rappresentative identificate durante il cammino.

Piante endemiche:

1)      Viola di Eugenia (Viola eugeniae); endemica dell’Italia penisulare dalla Romagna sino al Molise e alla Campania.

2)      Vedovella appenninica (Globularia meridionalis); endemismo dell’Italia penisulare, presente dalle Marche alla Calabria.

3)      Violaciocca appenninica (Erysimum pseudorhaeticum); endemica dell’Appennino Centro Settentrionale colora, con le sue infiorescenze gialle, le zone prative di crinale.

4)      Sassifraga porosa (Saxifraga porophylla). E’ uno splendido endemismo delle rocce calcaree presente soltanto nella fascia appenninica dai Monti Sibillini alla Calabria.

5)      Peverina tomentosa (Cerastium tomentosum); endemismo italiano presente allo stato spontaneo soltanto nell’Appennino Centro Meridionale presente ad esempio nella prima parte dell’escursione fino al valico di Vado di Corno.

6)      Campanula graminifolia (Edraianthus graminifolius); endemismo dell’Appennino Centro Meridionale tipico dei pascoli sassosi aridi d’alta montagna.

7)      Stella alpina dell’Appennino (Leontopodium nivale); raro, splendido endemismo con areale ridotto ai soli gruppi del Gran Sasso, della Majella e dei Monti Sibillini. Un tempo considerata sottospecie della Stella alpina, ne differisce per la pelosità più accentuata e per le dimensioni minori. Nonostante l’areale estremamente ristretto è osservabile lungo il percorso descritto con sorprendente abbondanza e facilità; concentra la sua presenza oltre i 2000 metri, a partire dalla salita al Pizzo San Gabriele, ma è ben rappresentata in tutto il tratto che segue, fino in vetta al Monte Brancastello.

8) Stellina abruzzese (Asperula cynanchica subsp. neglecta)

Specie rare con areale non endemico:

1)      Androsace appenninica (Androsace villosa); sebbene diffusa in diverse regioni resta ugualmente una pianta rara. Caratteristico è il suo aspetto a cuscinetto e la presenza, nei mesi di giugno – luglio, di moltissimi fiorellini con fauci di diverso colore sulla stessa pianta.

2)      Genziana appenninica (Gentiana dinarica), dagli splendidi fiori di colore blu intenso.

3)      Lino capitato (Linum capitatum subsp. serrulatum). Presente in Italia sulla catena appenninica, è una pianta presente in quota su fondi di natura calcarea; la fioritura presenta splendide corolle gialle ed è osservabile lungo il tratto di crinale che precede il Pizzo San Gabriele.

4) Cinquefoglia dell'Appennino (Potentilla apennina), osservabile nel tratto sommitale oltre i 2200 metri di quota.

Altre specie osservate:

1)       Astro alpino (Aster alpinus)

2)      Genzianella (Gentiana verna)

3)      Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

4)      Acino alpino (Acinos alpinus)

5)      Pedicolare a foglie verticillate (Pedicularis verticillata)

6)      Minuartia primaverile (Minuartia verna)

7)      Camedrio montano (Teucrium montanum)

8)      Camedrio alpino (Dryas octopetala)

9)      Orchidea delle zanzare (Gymnadenia conopsea)

10)   Biscutella montanina (Biscutella laevigata)

11)   Elleborina crestata (Epipactis atrorubens)

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