Cima di Terra Rossa

CIMA DI TERRA ROSSA (m 2420)

Le maggiori vette delle Alpi Giulie, inconfondibili per la loro struttura calcarea ricca di slanciate guglie e grandiose pareti strapiombanti, offrono poche salite del tutto prive di difficoltà. Una splendida eccezione è data dalla Cima di Terra Rossa la cui salita avviene grazie ad una magnifica mulattiera che, con una lunga serie di tornanti, guadagna le creste sommitali. L’ambiente particolare, caratterizzato da un’inconfondibile sovrapposizione di stratificazioni rocciose e la presenza di una colonia molto numerosa di stambecchi che si è insediata poco sotto la vetta, sono la migliore fotografia di un’ascensione nelle Giulie che non mancherà di lasciarvi un magnifico ricordo. Consigliamo per la salita il periodo estivo tra luglio e ottobre anche se la favorevole esposizione della via verso meridione determina una scomparsa anticipata dell’innevamento.

L’escursione in breve:

Parcheggio Altopiano del Montasio (m 1502) – Rifugio Di Brazzà (m 1660) – Forca di Terra Rossa (m 2330) - Cima di Terra Rossa (m 2420)

Dati tecnici:

Dal parcheggio dell’Altopiano del Montasio (m 1502): Difficoltà: E – Brevissimo tratto EE negli ultimi 15 minuti su sentiero stretto in parziale esposizione (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 918. Acqua sul percorso: assente ma con il Rifugio Brazzà come comodo punto d’appoggio dopo circa 30 minuti di cammino.

Accesso alla partenza:

Si raggiunge Sella Nevea da Chiusaforte attraverso la Val Raccolana oppure da Tarvisio passando per Cave del Predil sino a guadagnare il valico. Raggiunta Sella Nevea si abbandona la strada principale salendo in pochi km, con stretto ma asfaltato percorso di montagna, sino all’ampio parcheggio posto alla base dei piani del Montasio (m 1502) dove ha termine il tratto transitabile in automobile.

Descrizione del percorso:

L’itinerario si rivela rimunerativo e di grande interesse panoramico sin dalla partenza. Siamo nell’Altopiano del Montasio, una magnifica distesa prativa d’altitudine dominata ad occidente dalle grandiose pareti calcaree del Cimone e del Monte Zabus mentre verso sudest notiamo il lungo crinale culminante nel Monte Canin. Le indicazioni per il Rifugio Di Brazzà indicano l’ampia mulattiera che sale dolcemente verso settentrione solcando i vasti pascoli. Incrociamo ed ignoriamo la mulattiera proveniente dall’Agriturismo Malga Montasio. Siamo dominati dalla grandiosa costiera caratterizzata da bancate rocciose stratificate ove si articolerà la nostra salita. Possiamo già notare, a breve distanza, il Rifugio G. Di Brazzà posizionato sulla sommità di una prominenza erbosa. Per raggiungerlo ci portiamo fin sotto la sua verticale per poi affrontare una breve, ripida salita. Il Rifugio Di Brazzà (m 1660 – ore 0,30 dalla partenza) offre l’unico punto d’appoggio dell’escursione. Presso la struttura troviamo il cartello indicante la Cima Terra Rossa. Il sentiero si sviluppa subito oltre il rifugio; dopo aver bordeggiato una recinzione siamo ad un ulteriore bivio: a sinistra si procederebbe verso lo Jôf di Montasio mentre il nostro percorso volge più a destra salendo tra le facili ondulazioni erbose.

Risaliamo una comoda conca prativa con il sentiero che rimonta la sinistra del valloncello accostando infine le soprastanti bancate di roccia calcarea. Traversiamo sotto di esse con vista verso il Cimone e il Zabus che appare di particolare bellezza e rilevanza. Procediamo a tornanti in moderata salita accostando la base di un secondo costone strapiombante ancora più imponente. Il sentiero procede a mo’ di cengia tra il paretone a destra e il ripido pendio che scende a sinistra. La vista dall’alto dei Prati di Montasio contrasta piacevolmente con le lontane rocce del Monte Canin tra le quali era presente, sino alla fine del secolo scorso, un piccolo ghiacciaio oggi quasi estinto. Nel proseguo il percorso diviene più stretto ma sempre privo di qualsiasi difficoltà. Una lunga sequenza di tornanti permette di guadagnare progressivamente altitudine tuttavia l’itinerario non si rivela mai faticoso grazie al fondo comodo e ben battuto privo d’improvvisi cambi di pendenza. La vista verso la cuspide sommitale del Cimone di Montasio diviene sempre più bella grazie al suo profilo slanciato. Salendo ulteriormente d’altitudine accostiamo un settore più accidentato con il sentiero che si sviluppa tra le stratificazioni rocciose scavalcando alcuni tratti detritici più sconnessi. Appare incredibile come, nonostante la pendenza, sia stato scavato un percorso facile e tutto sommato non esposto grazie alla sua ampiezza sebbene sia necessaria nella parte superiore maggiore cautela evitando d’affacciarsi lateralmente sui ripidi pendii ricadenti verso l’Altopiano del Montasio. Verso nordovest lo sguardo è sempre più attratto dalle immani pareti dello Jôf di Montasio (m 2753), la maggiore cima del versante italiano delle Alpi Giulie: l’imponente versante meridionale della montagna non può che stupire e attrarre in un contesto d’alta montagna di rara imponenza e bellezza. Raggiungiamo ed ignoriamo due bivi: il primo, segnalato con vernice sui massi, vede staccarsi sulla destra il Sentiero attrezzato Ceria – Merlone. Incontriamo poco oltre la seconda biforcazione (m 2250), questa volta a sinistra, per il sentiero ferrato Leva che traversa in direzione dello Jôf di Montasio. In entrambi i casi proseguiamo ignorando le biforcazioni; con un ultimo breve strappo tra i prati muoviamo quindi verso l’ormai vicino crinale che raggiungiamo in coincidenza della Forca di Terra Rossa (m 2330 – ore 2,15 dalla partenza). La forcella, stretta ed angusta, si affaccia sul versante settentrionale nell’espostissimo canalone Huda Paliza. Da rilevare inoltre la vista quasi “dolomitica” della grandiosa struttura dello Jôf Fuart.

Restano a questo punto gli ultimi 15 minuti d’ascensione, i più impegnativi, con l’ampia mulattiera che si riduce ad uno stretto sentierino a tratti un po’ esposto. Lasciamo infatti la sella alla nostra destra traversando in diagonale ascendente lungo la cengia su fondo detritico in parte instabile. Lo scenario d’alta montagna rende particolarmente emozionante questa breve frazione sommitale. In ultimo volgiamo verso destra per scavalcare le roccette sommitali accedendo infine al punto più alto (m 2420 – ore 2,30 dalla partenza). Massima attenzione deve essere prestata in cima per via dell’impressionante salto che precipita strapiombante a settentrione e ad oriente. In generale l’ambiente di vetta appare piuttosto “aereo” richiedendo pertanto piede fermo e cautela. Indimenticabile il panorama: il binomio Jôf di MontasioJôf Fuart è senza dubbio uno dei motivi più noti nel versante italiano delle Alpi Giulie; la posizione centrale della Cima di Terra Rossa offre una magnifica visione di entrambe le cime. Soprattutto la prima colpisce per il suo profilo slanciato, caratterizzato da ardite e grandiose pareti verticali; alla sua sinistra il Monte Cimone appare ora spogliato della sua imponenza e quindi illusoriamente basso. Accennavamo alla posizione centrale della cima: il panorama si rivela infatti interessante anche nelle altre direzioni. Verso est osserviamo ad esempio, in primo piano, le pendici sommitali del Modeon del Buinz, presso il quale transita il Sentiero Ceria Merlone. Completa il paesaggio la lunga costiera rocciosa sommitale del Monte Canin, all’orizzonte sudorientale, a creare un bel contrasto con il sottostante altopiano prativo del Montasio. Il rientro avviene a ritroso per una durata complessiva dell’escursione intorno alle 4 ore.

Un’ultima doverosa quanto originale annotazione riguarda la nutrita colonia di stambecchi che si è insediata presso la cima. L’animale in questione, altrove piuttosto raro, ha trovato sulle rocce calcaree della zona un habitat pressoché ideale. Lungo l’ascensione l’incontro con esso è talmente comune e frequente da poter essere considerato una caratteristica specifica del percorso. Lo stambecco non teme per nulla l’uomo ed è pertanto facilmente avvicinabile; piuttosto è necessaria cautela lungo i tornanti della via normale in quanto non è raro che alcuni esemplari, nella ricerca di cibo tra le rocce, smuovano detriti facendoli rotolare a valle. E’ bene pertanto controllare a vista la posizione degli animali per non essere colpiti da qualche sasso vagante.

Cenni sulla flora:

Di grande interesse appare la flora osservabile lungo la salita in quanto comprende alcune specie endemiche delle Alpi Giulie. Naturalmente i mesi di luglio e agosto sono i migliori per l’osservazione dei fiori in quanto il clima alpino d’altitudine vede la presenza della neve sino ad inizio estate. Segue una lista parziale delle principali specie avvistabili lungo il cammino.

Specie endemiche:

1)       Campanula di Zoys (Campanula zoysii); l’endemismo per eccellenza delle Alpi Giulie con areale esteso sia al versante italiano che a quello sloveno delle Alpi Giulie. E’ una tipica pianta dei detriti e soprattutto delle rocce calcaree, dove spesso si insedia in posizioni strapiombanti. La singolarissima forma della corolla la rende del tutto inconfondibile. Lungo la salita alla Cima di Terra Rossa la pianta è infrequente tuttavia sono presenti pochi cespi lungo le roccette immediatamente a lato del sentiero grosso modo tra i 2000 e i 2100 metri di quota. La fioritura è di solito ritardata (agosto e talvolta settembre).

2)       Papavero delle Alpi Giulie (Papaver julicum); splendido endemismo dai grandi fiori bianchi con areale diviso in due parti. E’ presente principalmente su Alpi e Prealpi Giulie mentre un secondo areale interessa l’Appennino Centrale (ad esempio sul Gran Sasso).

3)       Bonarota gialla (Paederota lutea); endemica del nordest (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli) ama i ghiaioni e soprattutto le rocce calcaree anche strapiombanti. Nella salita alla Cima di Terra Rossa sono presenti diversi esemplari soprattutto nelle bancate rocciose subito a monte del Rifugio Di Brazzà.

4)       Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae); Tipica pianta di praterie, ghiaioni e pendii aridi su substrato calcareo. E’ un endemismo alpino – dinarico con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli.

5)       Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemico di un ampio areale centrato essenzialmente sulle Alpi Orientali, è facilmente riconoscibile dal più comune Rododendro ferrugineo per l’evidente pelosità che ne riveste le foglie.

Altre piante osservate:

1)       Graminia di Parnasso (Parnassia palustris)

2)       Genziana germanica (Gentiana germanica)

3)       Genziana alata (Gentiana utriculosa)

4)       Genzianella (Gentiana verna)

5)       Poligono viviparo (Polygonum viviparum)

6)       Potentilla lucida (Potentilla nitida)

7)       Iberidella alpina (Hornungia alpina)

8)       Arabetta alpina (Arabis alpina)

9)       Luparia (Aconitum lycoctonum)

10)   Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum)

11)   Primula orecchia d’orso (Primula auricula)

12)   Camedrio (Dryas octopetala)

13)   Cavolaccio alpino (Adenostyles alliariae)

14)   Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

15)   Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

16)   Silene alpestre (Heliosperma alpestre)

17)   Sassifraga setolosa (Saxifraga sedoides)

18)   Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

19)   Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides)

20)   Sassifraga solcata (Saxifraga exarata)

21)   Sassifraga verde azzurro (Saxifraga caesia)

22)   Crepide dorata (Crepis aurea)

23)   Nigritella comune (Nigritella nigra)

24)   Stella alpina (Leontopodium alpinum)

25)   Vedovella celeste (Globularia cordifolia)

26)   Linaiola d’alpe (Linaria alpina)

27)   Eufrasia (Euphrasia officinalis)  

28)   Prunella delle Alpi (Prunella grandiflora)

29)   Garofano selvatico (Dianthus sylvestris)

30)   Pedicolare a foglie verticillate (Pedicularis verticillata)

31)   Nontiscordardime (Myosotis alpestris)

32)   Veratro comune (Veratrum album)

33)   Silene rigonfia (Silene vulgaris)

34)   Biscutella montanina (Biscutella leavigata)

35)   Gipsofila strisciante (Gypsophila repens)

36)   Atamanta comune (Athamanta cretensis)

37)   Verga d’oro (Solidago virgaurea)

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