Caplone - Tombea

MONTE CAPLONE (CIMA DELLA GUARDIA - m 1976)

MONTE TOMBEA (m 1950)

Il Caplone costituisce la più alta cima del Parco Regionale dell’Alto Garda Bresciano. Noto anche come Cima della Guardia in quanto segnò fino al 1919 il confine tra Austria e Italia, è una grandiosa montagna, nonostante la quota non così elevata, con grandi pareti rocciose rivolte verso occidente e meridione. Il Tombea, altra montagna dell’immediato circondario, è attraversato dal confine tra la provincia di Brescia (Lombardia) e quella di Trento (Trentino) e forma con il Caplone un binomio inscindibile; sono montagne attraversate in quota da percorsi per mountain bike e così sono cime che risultano più conosciute agli amanti della bicicletta che non agli escursionisti alpini. Nonostante questo hanno moltissimo da offrire in termini di panorama con bellissima visione delle Alpi trentine e bresciane e con scorci in direzione del non distante Lago di Garda. Motivo di grandissimo interesse è dato dalla presenza di una straordinaria flora di montagna che annovera soprattutto una serie di piante endemiche (cioè specifiche di un’area molto ristretta) fra le quali è impossibile non ricordare la “Saxifraga tombeanensis”, in assoluto una delle piante più rare del nostro paese. A termine della relazione ci soffermeremo in modo più approfondito sulle meraviglie botaniche della zona.

Per quanto riguarda il periodo in cui eseguire l’ascensione, si prestano particolarmente bene i mesi che vanno da maggio a ottobre. In particolare il Tombea è rivolto verso meridione con il risultato che si libera anticipatamente dalla neve potendo così essere salito anche in aprile e talvolta addirittura nella seconda parte del mese di marzo. Diverso è il discorso relativo al Caplone che presenta gli ultimi 100 metri di ascensione rivolti verso nord; la via normale si libera dalla neve solo a maggio e la sua salita eventualmente può essere omessa, in presenza di fondo ghiacciato, limitandosi al raggiungimento del Tombea che presenta panoramiche di vetta non molto dissimili. L’intera zona è piuttosto bersagliata da forti temporali nella stagione calda ed è quindi prudente informarsi con anticipo sulle previsioni meteorologiche. Da notare infine l’esposizione al sole dell’itinerario, in particolar modo nella discesa, consigliando quindi d’evitare i giorni più caldi della stagione estiva.

Dati tecnici:

Partenza da Cima Rest (Chiesetta degli Alpini - m 1200): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 776; il dislivello reale sfiora i 1000 metri considerati i numerosi sali scendi. Acqua: un torrente nel tratto di salita compreso tra Malga Alvezza e l’innesto con il sentiero 69 - 444.

Accesso:

Partendo dalla sponda bresciana del Lago di Garda si risale tutta la Valvestino (l’incrocio per risalire la valle è presso Gargnano); si supera l’omonimo lago artificiale procedendo sino a Magasa (m 970). Appena entrati nel paese si trova sulla destra la stretta stradina asfaltata che sale alla frazione di Cima Rest. Possiamo lasciare l’automobile presso la Chiesetta degli Alpini (m 1200) posta sullo spartiacque, oppure procedere per poche centinaia di metri sino all’ampio parcheggio del villaggio di Cima Rest. Salendo dal Lago di Idro, si segue invece la SP9 per Capovalle. Si supera questo paese posto a quasi 1000 metri per poi procedere, seguendo la segnaletica, sino a Magasa. Il seguito è comune all’accesso descritto sopra.

Descrizione del percorso:

Il nostro itinerario ha inizio in coincidenza della Chiesetta degli Alpini. Salendo da Magasa la costruzione è a destra del piano stradale, mentre il nostro itinerario si stacca a sinistra su stradina con fondo cementato che sale ripida verso alcune case. Siamo appena all’inizio della nostra avventura ma il panorama è già riposante dominato com’è dai prati e dalle singolari costruzioni di Cima Rest con tetto spiovente rivestito di fieno. Di fronte a noi siamo dominati dal tratto più elevato del parco dell’Alto Garda Bresciano con in evidenza i pascoli del Tombea mentre a oriente notiamo la lunga sequenza di cime che caratterizza il Gruppo del Baldo. Raggiunto un modesto culmine presso alcune abitazioni, la carrareccia cala nella faggeta sino alla Malga Alvezza (m 1280). Riprendiamo la salita portandoci in breve ad un trivio: sulla destra si scende alla Valle dei Campei, sulla sinistra si separa la carrareccia che percorreremo al ritorno mentre al centro sale, con solco nell’erba, il nostro sentiero con indicazioni per il “Caplone”. Nella bella stagione si sale in ambiente sereno e pacifico tra verdeggianti distese prative che si alternano a macchie di conifere; cominciamo a scorgere verso sudest un piccolo tratto del lago di Garda dominato dalla grande mole del Pizzocolo mentre a sud notiamo il paese di Magasa e i monti che lo circondano. Il tracciato procede semplice con fondo ben battuto; superiamo un bel torrente con cascatella sulla destra per poi proseguire nel bosco. La vegetazione non è mai troppo fitta e permette nella salita diversi scorci panoramici. Apprezziamo il dislivello coperto con la vista del Lago di Garda e sul Monte Baldo progressivamente più ampia. Nel settore superiore del bosco alcuni torrioni calcarei interrompono l’uniformità del percorso. Il bosco lascia spazio ad un’alberatura rada e il sentiero volge a destra in un valloncello solcato da un piccolo torrente di acqua limpida. Prendiamo quota tra i prati e in breve siamo completamente all’aperto con la vegetazione che assume caratteristiche d’alta quota. Guadagniamo un poggio erboso dove la vista improvvisamente si apre in una grandiosa visione della parete meridionale del Caplone con alcune caratteristiche guglie: stupisce l’aspetto quasi dolomitico della montagna dopo aver osservato un panorama fino a questo punto prevalentemente prativo. Volgendo lo sguardo verso sud notiamo non solo il Garda, con visibile addirittura il promontorio di Sirmione, ma anche un ampio tratto della Pianura Padana con, nelle giornate più terse, l’Appennino Settentrionale a chiudere l’orizzonte. La salita procede moderata nel pascolo sino ad intercettare l’ampia mulattiera che traversa quasi piana un centinaio di metri sotto la vetta del Tombea (m 1780 – ore 1,40 dalla partenza). Si tratta di una vera e propria strada bianca che fu realizzata dai militari durante la guerra; oggi risulta ancora perfettamente percorribile e anzi, costituisce un itinerario particolarmente amato dagli appassionati di mountainbike che possono così, senza troppe difficoltà, pedalare ad una quota considerevole e con un panorama spettacolare.

La nostra escursione prevede la percorrenza di questa “strada” verso destra potendo notare il percorso, visibilmente artefatto, tagliare il ripido versante della montagna (segnavia 69 - 444). Stupiscono i poderosi strapiombi rocciosi che sovrastano la carrareccia sulla sinistra con il tracciato che a tratti appare letteralmente scavato nella roccia calcarea. La sensazione è quella di essere in una grande terrazza con, davanti a noi, la possente sagoma del Caplone e il Baldo sullo sfondo mentre alle spalle la vista si perde verso la pianura. Dopo questo tratto piano riprende con moderazione la salita passando per una caratteristica galleria artificiale scavata nella roccia. Si prosegue oltre, sovrastati a sinistra da guglie rocciose e da pendii rivestiti dai mughi; si risale dolcemente con la strada che raggiunge infine la marcata sella della Bocca di Campei (m 1840 – confine tra Lombardia e Trentino). Da notare alle spalle la sagoma per lo più rocciosa del Tombea con il sentiero appena percorso che ne taglia le pendici meridionali. Il sentiero 444 prosegue calando verso la Bocca di Lorina mentre il nostro percorso (segnavia 69) volge deciso verso destra, con indicazione per il Caplone, traversando dapprima orizzontalmente il pendio per poi salire ripidamente tra i prati. Dalla Bocca di Campei alla vetta occorrono, con fondo asciutto, non più di 15 – 20 minuti su facile sentiero segnato con la vista che si apre alle spalle oltre il Tombea andando ad abbracciare un ampio settore delle Prealpi Bresciane e del Gruppo dell’Adamello. Occorre tuttavia sottolineare l’esposizione verso nord di questo breve tratto che pertanto tende a rimanere innevato sino a primavera molto inoltrata. Nel nostro caso siamo saliti in vetta intorno alla metà del mese di maggio trovando diverse frazioni ancora molto innevate: abbiamo comunque guadagnato la cima sfruttando la traccia presente nel manto nevoso grazie al passaggio di precedenti escursionisti. Dal punto più alto (m 1976 – ore 2,20 dalla partenza) godiamo del paesaggio più ampio dell’intera escursione; a sud spicca il settore meridionale del Lago di Garda con, subito oltre, la Pianura Padana mentre a oriente osserviamo la lunga catena del Monte Baldo che sovrasta la parte centrale del lago. Volgendo verso nord notiamo il Monte Altissimo di Nago quindi penetriamo con lo sguardo in territorio trentino in direzione delle Alpi di Ledro con, sullo sfondo, le Dolomiti di Brenta. Volgendo a occidente l’orizzonte è dominato dalle Alpi Giudicarie quindi si prosegue verso i monti che sovrastano la Val Sabbia e la Val Trompia per poi calare verso sudovest nella parte inferiore delle Prealpi Bresciane.

Dopo una meritata sosta rientriamo a ritroso alla Bocca Campei (m 1840) apprezzando nella discesa le pareti rocciose a sinistra del sentiero che caratterizzano la struttura sommitale del Caplone. Proseguiamo a ritroso anche oltre la sella mantenendo l’ampia carrareccia e aggirando gli strapiombi ricadenti dalla cima del Tombea. Ritorniamo in questo modo al bivio con il sentiero percorso in salita che cala a Cima Rest (m 1780 – ore 0,35 dalla cima del Caplone – ore 2,55 complessive); lo ignoriamo per affrontare una nuova frazione del nostro trekking: manteniamo l’ampia carrareccia quasi piana in ambiente ampio e luminoso sino a rasentare la Malga Tombea. Nelle sue immediate vicinanze, sulla destra, troviamo la digressione segnalata da un cartello per la cima del Tombea. La salita è breve e sfrutta il comodo sentierino che ne rimonta, con lunghe diagonali, le pendici erbose. In ultimo il tracciato raggiunge il cocuzzolo sommitale e infine l’osservatorio in cemento posizionato sul punto più alto (m 1950 -  ore 1 dalla cima del Caplone – ore 3,20 complessive). Da notare che l’osservatorio funziona come un “mirino” sul quale sono indicati i toponimi delle cime circostanti permettendone così una rapida identificazione. Il panorama di vetta comprende la migliore vista sul Caplone con il Baldo sullo sfondo oltre ad osservare nuovamente le Dolomiti di Brenta a nord, Adamello e Prealpi Bresciane ad occidente. Sotto la cima del Tombea notiamo l’ampia conca prativa delimitata dal Dosso delle Saette che accoglie la Malga Tombea mentre a meridione spicca il Lago di Garda sovrastato a destra dal Pizzocolo.

Il rientro dalla cima del Tombea avviene a ritroso riportandosi sulla carrareccia presso la malga omonima; la nostra escursione prosegue a destra mantenendo la strada bianca in debole risalita con scorcio alle spalle su Caplone e Tombea. Rasentiamo un piccolo specchio d’acqua sulle cui sponde è facile, nella stagione calda, osservare qualche marmotta “spanciata” al sole. Si prosegue in moderata discesa su tracciato che bordeggia in più punti, sulla destra, il crinale con ben visibili diverse testimonianze della prima guerra mondiale (caverne, fortificazioni). Caliamo sino alla marcata Bocca di Cablone (m 1755 – ore 0,40 dalla cima del Tombea – ore 4 complessive) dove si separa sulla destra il segnavia 444 che cala verso Bondone mentre la carrareccia prosegue in discesa più decisa sulla sinistra. Il nostro itinerario segue quest’ultima scelta tuttavia una breve digressione di qualche minuto sul sentiero 444 concede il raggiungimento di un bel punto panoramico sul Lago di Idro. Rientrati in breve alla Bocca di Cablone riprende, come detto, la discesa sulla strada bianca perdendo quota in modo più sensibile. Caliamo lungamente abbandonando in modo definitivo la sezione più elevata ed interessante del trekking. Non mancano tuttavia alcune splendide viste sui sottostanti prati con le cime del Baldo di fronte a noi spesso innevate sino a giugno, oltre all’estremità meridionale del Lago di Garda che occhieggia a sud illuminata dal sole pomeridiano. Nel settore inferiore scendiamo nella faggeta per poi bordeggiare alcune case e fienili con il fondo che diviene cementato. Giungiamo infine ad un bivio sulla sinistra purtroppo non segnalato (primavera 2010). Come riferimento possiamo dire che in coincidenza dell’incrocio è presente un cartello che segnala località “Pilaster” in direzione del proseguo della carrareccia. Noi volgiamo invece, come accennato, sulla strada bianca a sinistra tornando a indietro nel bosco e varcando un torrente; risaliamo debolmente, tra i prati, sino a intercettare l’itinerario utilizzato in salita poco a monte della Malga Alvezza. L’ultima parte della nostra avventura ricalca a ritroso il sentiero d’andata volgendo a destra e calando alla malga (m 1280). Si risale brevemente nei faggi sino al soprastante culmine per poi calare definitivamente tra le case di Cima Rest sino a rientrare alla partenza presso la Chiesetta degli Alpini (m 1200 - ore 1,40 dalla Bocca di Cablone – ore 5,40 complessive).

Cenni sulla flora:

Cenni sulla flora:

E’ impossibile parlare del Tombea senza accennare alla straordinaria flora alpina che ne caratterizza i pendii e il circondario. Pochi itinerari, nella fascia prealpina insubrica, presentano un’analoga ricchezza floristica. In particolar modo crescono in quest’area una serie di piante “endemiche” ovvero uniche al mondo e specifiche di questa speciale zona, alcune delle quali particolarmente belle e rare. Per quale ragione nella zona dei monti Caplone, Tombea e Tremalzo vi è una concentrazione così elevata di endemismi? Si suppone che all’epoca delle glaciazioni alcune aree prealpine, fra cui il Tombea, non furono sommerse dai ghiacci fungendo così da “rifugio” per alcune specie sopravvissute in queste aree fino ad oggi. Sembra altrettanto probabile che l’isolamento di queste cime, attorno alle quali scendevano grandi ghiacciai, abbia favorito il mutamento delle specie per sopravvivere ai rigori del clima rendendole infine uniche ed esclusive avendo sviluppato nuove specifiche caratteristiche. All’epoca del disgelo queste entità, ormai mutate in forme endemiche, si rivelarono incapaci di incrociarsi con altre piante congeneri favorendone l’isolamento e quindi l’unicità. Come ultimo elemento è bene accennare alle particolari condizioni ecologiche presenti in questo settore delle Prealpi lombarde caratterizzate da un substrato calcareo – dolomitico invece che siliceo come avviene nelle Alpi più interne oltre ad un clima maggiormente piovoso e umido rispetto al crinale alpino. Queste condizioni “anomale” hanno senz’altro favorito l’isolamento al quale abbiamo accennato poco fa con il conseguente sviluppo di stirpi locali. I dati disponibili in merito sono impressionanti: nella catena Tremalzo – Tombea si è rilevato in territorio trentino un picco massimo di 21 entità endemiche nella stessa area. In paragone il Monte Baldo, famoso per la sua straordinaria ricchezza della flora, presenta ad esempio, nella sua area trentina, un numero massimo di specie endemiche “strette” pari appena ad 8.

Dopo questa necessaria premessa passiamo in rassegna alcune delle piante osservabili lungo il percorso descritto. E’ bene tener presente che le fioriture sono distribuite nel periodo maggio – agosto ed appare quindi impossibile l’osservazione contemporanea di tutte le specie elencate.

L’endemismo di maggior pregio è dato dalla Sassifraga del Monte Tombea (Saxifraga tombeanensis); inutile dire, come suggerito dal nome, che fu osservata per la prima volta sul Tombea. E’ una pianta ad accrescimento lentissimo che sopravvive ormai in poche stazioni di crescita concentrate in prevalenza nei monti compresi tra il Lago di Garda e la Val Trompia. La sua fioritura è precoce (maggio – giugno) ed eseguendo l’escursione proprio verso il 20 maggio abbiamo avuto la grande emozione di trovarne un paio di pulvini fioriti. Preferiamo non indicare volutamente la posizione esatta della pianta per non metterne ulteriormente a rischio la conservazione. Vi basti sapere che con molta pazienza l’abbiamo trovata tra i 1700 e i 1800 metri tenendo conto che predilige quasi sempre posizioni inaccessibili su pareti calcareo - dolomitiche strapiombanti.

 Fra gli altri endemismi insubrici osservabili ricordiamo:

1) Sassifraga ragnatelosa (Saxifraga arachnoidea) osservabile nel breve tratto in discesa verso Malga Alvezza dopo appena 15 minuti di cammino. In questa frazione la mulattiera è sovrastata a sinistra da pareti rocciose. Nelle nicchie alla base delle rocce, in posizioni riparate dalla pioggia, si nasconde questo raro endemismo ad areale assai ristretto. Curiosissimo l’aspetto della pianta per via della fitta lanugine che ne ricopre steli e foglie con il compito di conservare l’umidità necessaria per sopravvivere. Si tratta di una pianta “ombrofoba” incapace di resistere alle intemperie e che per questa ragione si posiziona quasi sempre all’ingresso di grotte o alla base di grandi pareti calcaree.

 2) Primula meravigliosa (Primula spectabilis) che riveste con le sue bellissime corolle violacee i prati ancora bruciati dal gelo invernale: il Tombea è una delle zone a massima concentrazione della specie.

3) Dafne delle rocce (Daphne petraea), un altro bellissimo endemismo che riveste le rupi verticali colorando di rosa, nel mese di giugno, le montagne comprese tra la Valvestino e la Valtrompia.

4) Carice del Monte Baldo (Carex baldensis), le cui spighe bianche rivestono i prati e i pascoli dalle Grigne ai Monti Lessini.

5) Il bellissimo e spettacolare Raponzolo chiomoso (Physoplexis comosa) splendido adornamento delle rupi calcaree strapiombanti che fiorisce nel periodo giugno – agosto. Si tratta di un endemismo delle Alpi Centro Orientali con areale esteso dalle Grigne in Lombardia sino al Friuli e alla Carinzia.

6) Ranuncolo bilobo (Ranunculus bilobus) endemico stretto dell’area compresa tra la Corna Blacca, le Alpi di Ledro e la catena Tremalzo – Tombea. Di recente è stato rilevato anche nel bergamasco nella zona del Monte Alben. Predilige i terreni calcareo dolomitici anche erbosi.

7) Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleana F.W.Schultz), endemica delle Alpi Orientali, è presente nelle rocce calcaree sommitali del Tombea.

8) Silene di Elisabetta (Silene elisabethae) dagli appariscenti fiori porporini. L'areale della pianta in questione è esteso dalle Grigne alla zona di Monte Tremalzo. A differenza degli altri endemismi elencati in questa sezione, presenta una fioritura ritardata (fine luglio - agosto). E' segnalata nei prati aridi sommitali, intorno ai 1600 - 1800 m di quota.

Da notare che la presenza degli endemismi nella zona del Tombea è talmente rilevante da permetterne l’osservazione senza fatica semplicemente viaggiando in automobile. A titolo d’esempio abbiamo osservato alcune piante endemiche lungo la provinciale poco oltre il Lago di Valvestino; si abbandona il proseguo per Capovalle volgendo in direzione di Magasa. Senza raggiungere quest’ultimo paese, a circa 700 metri di quota, la strada sorpassa un fosso con piccolo ponticello per poi risalire lungo un paretone roccioso che delimita la carreggiata sulla sinistra. In questo costone calcareo fioriscono il Raponzolo chiomoso (Physoplexis comosa), nonché la rara Moehringia verde–glauca (Moehringia glaucovirens), altra pianta ombrofoba endemica con areale diviso in due settori molto limitati uno dei quali interessa proprio le Prealpi Bresciane. Subito alla base del costone roccioso, ad inizio giugno troverete un’altra grande rarità: si tratta dell’Aquilegia con foglie di thalictrum (Aquilegia thalictrifolia), endemica anch’essa della catena Tremalzo – Tombea con poche altre stazioni isolate in Trentino, Veneto e Friuli. Molto simile nell’aspetto ad Aquilegia einseleana, si distingue da essa per la fitta pubescenza che ne ricopre stelo e foglie attribuendole al tatto una consistenza appiccicosa. Terminiamo la carrellata di endemismi accennando alla Bonarota comune (Paederota bonarota) dalle belle corolle blu, osservabile nelle pareti rocciose lungo il breve tratto di strada compreso tra Magasa e Cima Rest; si tratta di un endemismo delle Alpi Orientali e condivide il suo habitat in questo settore con la splendida Sassifraga aranciata (Saxifraga mutata), quest’ultima in fioritura tra luglio e agosto.

Tornando al percorso su sentiero ricordiamo, tra le altre piante alpine non endemiche che possono essere facilmente osservate, la Primula orecchia d’orso (Primula auricula), Soldanella alpina (Soldanella alpina), Croco (Crocus vernus), Erica carnea (Erica carnea), Sassifraga verde azzurra (Saxifraga caesia) solo per rammentarne alcune.

                     VISUALIZZA QUI SOTTO LA PHOTOGALLERY DEL TREKKING

 

                                                Cookie