Ragola - Ragolino

MONTE RAGOLA (m 1712)

RAGOLINO (m 1647) 

Al confine tra le province di Piacenza e Parma, lungo lo spartiacque che divide le valli del Ceno e del Nure, si erge imponente il massiccio del Monte Ragola costituito da rocce ofiolitiche serpentinose dai caratteristici fianchi rocciosi e dirupati, specie quelli rivolti verso meridione. Particolare è l’ambiente sommitale, ampio e quasi pianeggiante, mentre verso settentrione la montagna degrada dolcemente nei pascoli di Prato Bure e Prato Grande. Questi ultimi sono caratterizzati dalla presenza dell’acqua che si manifesta nelle numerose sorgenti, negli impaludamenti e nei tanti ruscelli che ne attraversano la superficie. Il fenomeno è spiegabile con la presenza del fondo detritico assai permeabile che caratterizza i fianchi del Ragola, capace d’assorbire enormi masse d’acqua, poi costrette a riaffiorare in superficie nel momento in cui infiltrandosi raggiungono strati impermeabili. Da rilevare la presenza d’evidenti tracce delle glaciazioni: lo stesso lago Bino, che viene toccato nell’escursione descritta di seguito, è d’origine glaciale. Consigliamo la scoperta di questa bella zona in tarda primavera e in autunno evitando sia i nevosi periodi invernali che le più calde giornate della stagione estiva in considerazione della quota contenuta.

L’escursione in breve:

Sella tra Monte Ragolino e Monte Camulara (m 1470) - Prato Grande - Prato Bure - Monte Ragola (m 1712) – Prato Bure - Prato Grande - Rifugio Monte Ragola (m 1442) - Pramollo (m 1350) - Lago Bino (m 1308) - a ritroso sino alla Sella tra Monte Ragolino e Monte Camulara (m 1470) -

Dati tecnici:

Partenza dalla sella compresa tra i monti Ragolino e Camulara (m 1470): Difficoltà: E (T il tratto compreso tra il Rifugio Monte Ragola e Lago Bino; E le altre frazioni). (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 404. Acqua sul percorso: assente.

Accesso alla partenza:

Sono possibili diverse vie d’accesso. Descriviamo l’avvicinamento alla partenza sfruttando l’autostrada. Si percorre l’autostrada della Cisa (A15) uscendo a Borgotaro. Si raggiunge e si supera il paese per procedere sino a Bedonia. Con stretta strada asfaltata scavalchiamo il Passo Montevacà (m 805) per poi calare a Ponteceno. Al bivio in paese volgiamo a sinistra per poche centinaia di metri quindi voltiamo a destra in direzione di Casamurata e Cornolo. Percorsi alcuni chilometri su strada asfaltata ma piuttosto sconnessa, troviamo a sinistra, poco prima di raggiungere S.Giustina, la deviazione per Granere. Si tratta di una piccola frazione di Bardi che raggiungiamo in qualche chilometro; entrando nel paese, proprio dietro all’Agriturismo Milietto (m 1024), si separa sulla sinistra una stretta stradina privata cieca ma del tutto asfaltata che conduce alla sella compresa tra il Monte Ragolino e Monte Camulara dove la nostra camminata ha inizio. Purtroppo il tratto di salita dall’Agriturismo in poi è chiuso da una sbarra di ferro trattandosi come detto di una strada non pubblica. Presso un chiosco nel paese di Granere, comprando il tesserino giornaliero per i cercatori di funghi, viene talvolta concessa la chiave per aprire la sbarra. Nel peggiore dei casi si devono risalire questi 5 km a piedi in circa ore 1,30 di cammino che comunque non descriviamo in quanto si sviluppano per lo più nel bosco senza particolari rilevanti da segnalare. Consigliamo d’informarsi preventivamente sull’eventuale apertura del tratto stradale altrimenti l’escursione avrà inizio a Granere con il dislivello assoluto del percorso che sale a circa 688 metri complessivi.

Descrizione del percorso:

La nostra descrizione ha inizio in coincidenza dell’ampia sella compresa tra Monte Ragolino e Monte Camulara (m 1470), dove ha termine la strada asfaltata che sale da Granere. Non troviamo alcuna segnaletica tuttavia appare evidente che dobbiamo seguire l’ampia sterrata che muove verso nordovest lasciando alle spalle la strada appena risalita. Dapprima attraversiamo, quasi in piano, la vasta distesa in parte acquitrinosa con paesaggio aperto alla nostra sinistra sull’evidente sommità del Monte Ragola. Subito oltre caliamo dolcemente con la carrareccia che si sviluppa al limite tra il prato a sinistra e la faggeta sulla destra. Sugli alberi troviamo ora i segnavia del sentiero 039 ad escludere ogni possibilità d’errore. Superiamo altri rigagnoli d’acqua sino a guadagnare una bella apertura in direzione del vasto altopiano di Prato Grande sovrastato dall’evidente dorso, in parte roccioso, denominato Poggio dell’Orlo. Caliamo a destra di una lunga recinzione sino all’evidente varco che permette di superarla. Abbandoniamo pertanto lo stradello sterrato che proseguirebbe lungo il fianco del Monte Camulara seguendo invece i cartelli indicatori per il Monte Ragola. Il sentiero, scavalcato il torrente e la recinzione, bordeggia un bel boschetto di faggi con panchina e tavola per pic-nic. Siamo sull’estremità orientale del cosiddetto Prato Grande che visiteremo al ritorno con maggiore attenzione. Seguiamo pertanto il segnavia 037, in debole saliscendi tra gli alberi. Lasciamo alle spalle la distesa del Prato Grande con la pendenza che si fa più significativa. Tra facili balze erbose, con qualche affioramento roccioso di poco conto, rimontiamo il pendio uscendone in coincidenza del cosiddetto Prato Bure. Si tratta di una seconda, vasta distesa prativa posta ad un piano superiore rispetto al Prato Grande. L’ambiente appare suggestivo e verdeggiante con la dolce dorsale culminante nei monti Ragola e Ragolino a delimitare a meridione l’altopiano prativo.

Il sentiero segue, per un tratto, la lunga recinzione che taglia la distesa erbosa. A breve distanza dalla base del Ragolino il segnavia si scosta verso destra rispetto alla recinzione puntando in modo deciso verso Monte Ragola. La montagna appare spoglia ad eccezione di un piccolo boschetto di faggi che ne circonda alla base il picco sommitale. Muoviamo in questa direzione con il segnavia che sfrutta il più possibile la frazione priva d’alberatura. Siamo infine al bosco di faggi che superiamo in pendenza, per un breve tratto, molto marcata. Il settore alberato è comunque brevissimo: subito al di sopra siamo al dorso erboso che caratterizza la fascia culminale. Proseguiamo lungo la marcata traccia nel prato evitando alcuni affioramenti rocciosi. Un’evidente curiosità della zona sommitale del Ragola è data dalla presenza di alcuni isolati esemplari di pino mugo che abbiamo modo di osservare subito a lato del sentiero. Si tratta di una pianta molto comune sulle Alpi ma assolutamente rara nell’Appennino Settentrionale dove sono note appena due singole stazioni, entrambe nel piacentino: una sul monte Bue e la seconda, appunto, sul Monte Ragola. In ultimo la traccia serpeggia nel prato sino alle roccette sommitali che immettono direttamente al punto più alto (m 1712 – ore 1,15 dalla partenza). Dalla cima il paesaggio appare di sorprendente vastità abbracciando le maggiori elevazioni della Val Ceno e l’intera testata della Val Nure con le più alte sommità del piacentino (Monte Nero, Monte Bue, Crociglia ecc…). All’orizzonte meridionale emergono le principali cime delle Alpi Apuane. Negli immediati dintorni godiamo dello scorcio verso il Prato Grande e della vista sui monti Camulara e Ragolino. Quest’ultima vetta è raggiungibile, da chi lo desidera, senza percorso obbligato. Si tratta di seguire il vasto crinale erboso sommitale che ne congiunge la cima al Monte Ragola. Il percorso non presenta né sentiero né indicazioni, tuttavia con buona visibilità non esistono problemi trattandosi di una frazione erbosa del tutto aperta e per giunta con scarsi dislivelli. Il paesaggio in ogni caso non aggiunge nulla alla vista che si gode dal Ragola che, evidentemente, offre la vista più ampia ed avvincente.

Il proseguo dell’escursione prevede ora una visita più approfondita al Prato Grande e la scoperta del piccolo Lago Bino, d’antica origine glaciale. Si tratta di ripercorrere a ritroso il sentiero di salita calando senza alcuna difficoltà al Prato Bure per poi riportarsi infine nel boschetto con tavoli per picnic presso l’intersezione con il segnavia 035, immediatamente ai piedi del Monte Camulara. Volgiamo a questo punto verso sinistra uscendo immediatamente dal bosco trovandoci nel bel mezzo della vasta distesa piana del Prato Grande. Ancora una volta il fondo è in parte acquitrinoso con alcuni corsi d’acqua che tagliano la superficie dell’altopiano. A cavallo tra i mesi di agosto e settembre sono qui presenti centinaia d’esemplari della bellissima Genziana mettimborsa (Gentiana pneumonanthe) dai bellissimi petali di colore blu intenso: una pianta piuttosto rara a livello nazionale, tipica delle zone paludose o dove si ha ristagno d’acqua. Muoviamo in direzione del già visibile Rifugio Monte Ragola (m 1442) che raggiungiamo in pochi minuti attraversando per intero il Prato Grande (ore 0,45 dalla cima del Ragola – ore 2 complessive).

Seguiamo ora verso destra il segnavia 021 che ci permetterà di guadagnare il Lago Bino. Si tratta di una larga strada bianca chiusa al traffico che nel primo tratto bordeggia il margine del Prato Grande. Guadagnata l’estremità dell’altopiano superiamo un cancello per poi calare moderatamente sino alla sottostante conca paludosa denominata Pramollo o Prato Molle (m 1350 – ore 0,25 dal Prato Grande). Appare evidente come, anche in questo caso, si tratti di una distesa occupata in passato da un antico lago oggi completamente prosciugato. L’ambiente, in parte torboso, è analogo a quello di Prato Grande e Prato Bure e anche in questo caso non mancano emergenze floristiche e faunistiche d’assoluto valore grazie alla sostanziale integrità del luogo. La strada bianca, dopo aver bordeggiato per intero il lato settentrionale del prato, riprende a scendere ripida raggiungendo in una decina di minuti il bivio segnalato dai cartelli per il Lago Bino. Abbandoniamo la strada seguendo il sentierino che, percorso verso destra, conduce in breve al curioso specchio d’acqua (m 1308 – ore 0,40 dal Prato Grande – ore 2,40 complessive). Da rilevare i curiosi affioramenti rocciosi ofiolitici che sovrastano ad occidente il laghetto. La superficie dell’acqua appare parzialmente coperta dalle piante acquatiche di ninfea gialla (Nuphar lutea) che nel periodo della fioritura offrono uno splendido colpo d’occhio. Chi lo desidera potrà ulteriormente allungare l’escursione ritornando a ritroso sulla strada bianca per calare ulteriormente di quota sino al Lago Moo.

Il rientro alla partenza avviene comunque a ritroso riportandosi dapprima al Pramollo quindi al Prato Grande. Da quest’ultimo si rientra alla sella compresa tra il Monte Ragolino e Monte Camulara in complessive 3,40 ore di cammino. I tempi di cammino sono calcolati naturalmente senza includere le ulteriori diramazioni per salire il Monte Ragolino e calare al Lago Moo. Da notare inoltre che i tempi non considerano la salita da Granere alla sella tra i monti Camulara e Ragolino che impegna altrimenti per ulteriori 2,40 ore (ore 1,30 per la salita – ore 1,10 per la discesa).

Cenni sulla flora:

L’intera zona attraversata dall’escursione è caratterizzata da una grande ricchezza botanica grazie ad un ambiente sostanzialmente integro. Ci limitiamo ad indicare le piante più rare e particolari osservabili, in parte già indicate nella descrizione sovrastante. Abbiamo ad esempio già accennato alla presenza del pino mugo (Pinus mugo subsp. uncinata) proprio in vetta al Monte Ragola. Questa specie, tipica dei climi freddi delle Alpi, interessò in passato anche l’Appennino per poi ridurre drasticamente il suo areale a seguito del riscaldamento climatico. Attualmente è segnalato nell’Appennino Settentrionale per due sole stazioni entrambe nel piacentino (Monte Ragola e Monte Bue) e dev’essere considerato un vero e proprio relitto glaciale. La vetta del Ragola presenta pochi esemplari di un’altra grandissima rarità. Si tratta della Crotonella alpina o Licnide alpina (Silene suecica), pianta comune in Islanda e nei paesi scandinavi presente in poche zone delle Alpi Occidentali e Centrali. Più a sud è presente unicamente in due isolate stazioni dell’Appennino Settentrionale: la più importante interessa il Monte Prado nel reggiano, mentre l’altro minuscolo areale è posizionato proprio nelle praterie di crinale del Ragola. Si tratta di una presenza a fortissimo rischio d’estinzione per via del numero limitatissimo d’esemplari: si tratta a tutti gli effetti di un relitto glaciale che ci auguriamo possa sopravvivere nei prossimi anni ai cambiamenti climatici. Le praterie del Ragola offrono anche la presenza del bel Tulipano montano (Tulipa australis) dai tepali esterni gialli con evidenti striature rosse. Le poche stazioni emiliane sono tutte posizionate presso il crinale appenninico con maggior frequenza nelle province occidentali (Reggio Emilia, Parma, Piacenza).

Piuttosto rara è anche la bellissima Genziana mettimborsa (Gentiana pneumonanthe), tipica pianta delle zone acquitrinose. Un tempo più diffusa è ora da considerarsi a rischio per via della progressiva bonifica dei luoghi paludosi che predilige. Sino alla fine del secolo scorso la si riteneva, in Emilia, del tutto estinta. In realtà la stazione del Prato Grande comprende parecchie centinaia d’esemplari in piena fioritura a fine estate. Fra l’altro osserverete numerosi esemplari sin dalla partenza avendo colonizzato anche la zona acquitrinosa posta presso la sella tra Monte Ragolino e Monte Camulara. Altri esemplari sono presenti al bordo del Pramollo e lungo la riva del Lago Bino. E’ bene comunque ribadire la necessità di non raccogliere alcun esemplare tanto più che si tratta di una specie, in Emilia, a protezione assoluta. La presenza di numerosi acquitrini determina inoltre la presenza della Salvastrella maggiore (Sanguisorba officinalis) mentre gli affioramenti di roccia ofiolitica serpentinosa fanno sì che sia presente, lungo gran parte dell’itinerario, la Minuartia del serpentino (Minuartia laricifolia subsp.ophiolitica). La sottospecie “ophiolitica” è endemica dell’Appennino Settentrionale e delle Alpi Occidentali. Citiamo per concludere la presenza di Genzianella campestre (Gentiana campestris), Anemone alpino (Pulsatilla alpina), Genziana di Koch (Gentiana acaulis) e di alcune sassifraghe tra cui Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata) e Sassifraga muschiata (Saxifraga moschata).

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