Punta di Lasa (Laaser Spitze)

LAASER SPITZE (ORGELSPITZE / PUNTA DI LASA - m 3305)

Imponente, grandiosa cima isolata che si eleva tra la Val Martello e la Val di Lasa; si tratta di una delle più alte vette descritte in questo sito. Appare ancora più impressionante se osservata dalla sottostante Val Venosta: il paese di Lasa, posto ai suoi piedi, non raggiunge nemmeno i 900 metri di quota mentre la vetta è di oltre 2400 metri più elevata. Nonostante l’altitudine e l’isolamento che per altro contraddistingue molte delle cime periferiche del Gruppo Ortles – Cevedale, è abbastanza sorprendente che un sentiero segnato ne guadagni la sommità. Non vi sono nemmeno tratti esposti eccettuato un gradone roccioso a pochi passi dalla sommità: nonostante ciò è bene prestare il dovuto rispetto ad un colosso di pietra che proietta l’escursionista ben oltre la soglia dei 3000 metri. E’ necessario tempo stabile e assenza di nebbie non scordando che a queste quote la neve e il ghiaccio non sono rari neppure d’estate. Per queste ragioni è saggio non effettuare la salita prima di metà luglio per evitare probabili residui di neve che possano in qualche modo ostacolare l’ascensione. Infinito il panorama di vetta, esteso a cime, creste e ghiacciai sino a perdita d’occhio. La salita alla Cima di Lasa è, a tutti gli effetti, una grandiosa avventura in alta montagna che lascerà un segno indelebile nei vostri ricordi.

Dati tecnici:

Partenza da Stallwies (m 1950): Difficoltà: EE (E sino al pianoro detritico intorno ai 3000 metri; EE nel tratto successivo su rocce instabili e con breve cresta sommitale) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 1355. Acqua sul percorso: abbondante fonte dopo meno di un’ora di cammino; assente nel lungo tratto successivo.

Accesso alla partenza:

L’accesso avviene dalla Val Venosta che abbandoniamo in coincidenza di Coldrano (tra Laces e Silandro) per rimontare la parte inferiore della Val Martello. Seguiamo il marcato solco sino alla frazione di Ganda dove lasciamo il proseguo della strada in direzione della testata della valle. Volgiamo a destra superando il capoluogo comunale di Martello e risalendo su stretta stradina asfaltata d’alta montagna sino al culmine presso la trattoria Stallwies (m 1950). Si tratta di un eccellente punto di ristoro dal quale il panorama appare già di straordinaria bellezza, aperto verso meridione sulla testata della Val Martello; un occhio attento scorgerà un piccolo tratto del Zufrittsee (Lago del Gioveretto). Il sentiero di salita (segnavia n°5) ha inizio un centinaio di metri prima del ristorante ed è chiaramente indicato dai cartelli in legno. Vi sono, a lato della strada, diverse possibilità di parcheggio.

Descrizione dell’itinerario:

Caratterstica della salita alla Punta di Lasa è la pendenza continua del fondo che mette a dura prova gli escursionisti non allenati. La prima frazione si sviluppa per lo più nel bosco di conifere quindi si raggiunge il bivio dove lasciamo il sentiero 23 che si separa a destra mantenendo il n° 5 (indicazioni sulle rocce). Troviamo poco oltre un‘abbondante fonte che dovrebbe essere immancabilmente sfruttata per approvvigionarsi d’acqua: nel settore sommitale non vi sono infatti ulteriori sorgenti. Proseguiamo con il bosco che diviene più rado lasciando spazio a settori prativi. Il fondo appare ripido ma ben battuto e il panorama si allarga progressivamente sino a scorgere i ghiacciai alla testata della Val Martello. L’alberatura cede definitivamente il passo ai prati magri d’altitudine; il proseguo si sviluppa in ambiente selvaggio e desolato con scarsi punti di riferimento per l’uniformità e la costanza dell’ascensione. La quota ha l’effetto di sostituire progressivamente la vegetazione con ghiaioni e colatoi detritici dove si accatastano massi e pietre in equilibrio instabile. Il sentiero, perfettamente scavato e segnato, sceglie la via meno faticosa per salire affrontando in ogni caso la sua frazione più ripida e difficoltosa fra i 2700 e i 2900 metri di  quota. Nonostante l’indiscutibile fatica non si affronta nemmeno un passaggio impegnativo o esposto ed in effetti l’eccellente segnaletica permette senza problemi di guadagnare quota. Intorno ai 2900 metri il pendio si è definitivamente trasformato in un caotico accatastamento di massi: in un panorama di struggente bellezza per la presenza a nordest dell’Orecchia di Lepre (Hasenöhrl – m 3267) e a meridione di cime e ghiacciai perenni rimontiamo sino al soprastante costone dove il nostro percorso cambia caratteristiche e panoramiche. Siamo a quasi 3000 metri di quota (circa ore 2,45 dalla partenza) e si schiude davanti ai nostri occhi un vasto tavolato detritico ondulato che costituisce un positivo cambiamento dopo la lunga e ripida salita fin qui eseguita.

Il segnavia si districa ora fra massi e pietraie con deboli dislivelli muovendo in modo evidente verso ovest (presenti alcuni ometti di pietre molto utili in caso di nebbia). Sino a luglio inoltrato non è raro superare nevai residui del precedente inverno. Alle spalle il paesaggio è dominato dalle grandiose cime poste sulla destra orografica della Val Martello quali il Gioveretto (Zufrittspitze – m 3439), Cima Venezia (Veneziaspitze – m 3386) e Cima Marmotta (Köllkuppe -  m 3330), tutte quante caratterizzate da piccole vedrette. In grandioso ambiente d’alta montagna ci portiamo alla base dell’ampio circo glaciale dominato dalla sommità della Cima di Lasa. Per guadagnare la vetta affrontiamo ora il tratto più impegnativo della nostra escursione: abbandoniamo il desolato altopiano detritico per rimontare i faticosi ed instabili massi che caratterizzano la conca che si apre sotto il punto più alto. Il tratto inferiore presenta le rocce più instabili tuttavia i segnavia puntualmente presenti permettono d’evitare passaggi impegnativi e con l’aiuto in qualche caso delle mani raggiungiamo senza troppi problemi il ripido pendio che discende direttamente dalla cima. Tagliamo facilmente il fianco della montagna in uno scenario di rara imponenza guadagnando nel contempo ulteriore altitudine. Alle spalle comincia ad apparire uno dei “giganti” che caratterizzano il Parco Nazionale dello Stelvio: si tratta della cima del Cevedale (m 3769), interamente rivestita di ghiacciai. Nel corso della salita sono frequenti, per via della quota, i nevai che spesso permangono anche in estate. La presenza di una buona traccia esclude, soprattutto in agosto, grossi problemi: è comunque buona norma evitare la salita a seguito di forti perturbazioni fredde in grado di portare neve e vetrato sulla roccia anche in piena estate. Siamo infine a pochi passi dall’affilata cresta sudoccidentale della Cima di Lasa: oltre al prima citato Cevedale compare ad ovest la grandiosa sommità dell’Ortles (m 3905) e l’inconfondibile profilo del Gran Zebrù (m 3851). L’ultimo breve tratto d’ascensione è il più spettacolare: restiamo appena a destra del filo del crinale che appare, alle spalle, particolarmente sottile e dirupato. Rimontiamo i grandi lastroni che caratterizzano la cuspide sommitale affrontando un unico breve passaggio più difficoltoso a pochi metri dalla vetta essendo in parte esposto sul profondo salto a sinistra. Accediamo infine al punto più elevato (m 3305 – circa ore 4 dalla partenza – libro di vetta). Il panorama di vetta appare sconfinato. Verso settentrione possiamo apprezzare, sotto la verticale della cima, la profondità della Val Venosta, posizionata oltre 2000 metri più in basso. L’orizzonte a nord è chiuso dalle grandiose cime, in parte ghiacciate, delle Alpi Venoste e del Gruppo di Tessa. Ad oriente spicca l’evidente sagoma dell’Orecchia di Lepre e del Gioveretto mentre a sudest sfilano Cima Venezia e Cima Marmotta. Subito a sud notiamo le sommità di Punta Livi, Punta Peder e la Punta delle Laste a dominare la vasta distesa glaciale della Vedretta di Lasa. L’orizzonte meridionale e sudoccidentale è chiuso e caratterizzato dalle massime sommità del Trentino Alto Adige: si tratta del Cevedale e, ancora una volta, del trittico Ortles, Zebrù e Gran Zebrù.

Cenni sulla flora:

Tra le piante osservabili lungo questo percorso ricordiamo un’entità endemica delle Alpi Orientali: si tratta della Primula vischiosa (Primula glutinosa) caratterizzata da fiori violetti riuniti ad ombrella. Nel tratto inferiore e mediano della salita sono frequenti Genziana nivale (Gentiana nivalis), Semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum), Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum), Campanula barbata (Campanula barbata), Raponzolo orbiculare (Phyteuma orbicularis) e Cariofillata montana (Geum montanum). Anche nel settore più elevato, attorno ai 3000 metri, sono ancora presenti entità in grado di resistere nonostante le condizioni quasi artiche determinate dalla quota. Si tratta di piante in grado di sopravvivere nella breve estate alpina. Ricordiamo il Ranuncolo dei ghiacciai (Ranunculus glacialis) pianta che raggiunge in alcuni settori alpini quote prodigiose varcando addirittura i 4000 metri. Nei macereti d’altitudine è presente Genziana bavarese (Gentiana bavarica) nonché i pulvini trapuntati di fiorellini rosa della Silene a cuscinetto (Silene acaulis).  

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