Il Mulaz

IL MULAZ (m 2906)

Tozzo nelle sue forme, ma imponente nelle sue pareti e nell’altitudine, Il Mulaz è una delle cime poste nel settore centrale delle Pale di S.Martino ad essere raggiungibile con maggiore facilità grazie ad un buon sentiero segnato. Solamente nel settore superiore il fondo è un po’ più impegnativo ma in pratica non vi è esposizione. Due i requisiti fondamentali per questa salita: un certo allenamento considerata la via di salita piuttosto lunga (circa 3 ore e mezza) e la scelta di una giornata dal tempo stabile in quanto le Pale di S.Martino sono, tra i gruppi dolomitici, il più vicino in linea d’aria alla pianura e al mare. Le nebbie avvolgono spesso le vette soprattutto nella stagione estiva quando il calore proveniente dalla Val Padana ascende sui pendii sino a generare nubi cumuliformi.

Nel descrivere questo itinerario è infine necessario un cenno alla straordinaria flora osservabile che comprende diverse entità endemiche particolarmente rare e preziose; rimandiamo in coda alla descrizione per ulteriori particolari sull’argomento.

L’escursione in breve:

Baita Segantini (m 2170) – innesto sentiero 710 - Passo del Mulaz (m 2619) – Il Mulaz (m 2906) 

Dati tecnici:

Dal Rifugio Baita Segantini (m 2170): Difficoltà: EE (Suddivisione delle difficoltà in base ai tratti: dalla Baita Segantini alle Sorgenti del Travignolo: T. Dalle Sorgenti del Travignolo al Passo del Mulaz: E. Dal Passo del Mulaz alla cima: EE) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 956; dislivello reale m 1176 considerando il ritorno. Acqua: il torrente presso le cosiddette Sorgenti del Travignolo; sono altrimenti presenti due punti d’appoggio: la Baita Segantini alla partenza e il Rifugio Volpi ad un’ora circa dalla vetta.

Accesso:

Chi proviene dall’autostrada del Brennero esce ad Ora (Alto Adige) per poi seguire le indicazioni per Cavalese. Si segue la statale raggiungendo il Passo di S.Lugano ed entrando in territorio trentino. Risaliamo la Val di Fiemme sino al paese di Predazzo dove abbandoniamo la statale che procederebbe in direzione della Val Fassa per volgere a destra seguendo le indicazioni per Passo Rolle. Risaliamo transitando per Paneveggio (con l’omonimo lago) e con splendidi scorci a sud sul Lagorai. Nel proseguo trascuriamo il bivio a sinistra per il Passo di Valles raggiungendo infine il culmine di Passo Rolle, dove possiamo lasciare la macchina in uno dei numerosi parcheggi. In coincidenza del passo, un comodo servizio di navetta conduce, percorrendo quasi 5 km di strada bianca, sino al Rifugio Baita Segantini (m 2170). Naturalmente è possibile percorrere questa frazione a piedi in ore 1,30 circa con sentiero che taglia alcuni tornanti della strada. Consigliamo in ogni caso l’uso della navetta per abbreviare un percorso che diventerebbe altrimenti troppo lungo per essere eseguito in un solo giorno. La frazione Passo Rolle – Baita Segantini è inoltre poco interessante in quanto l’ambiente è stato eccessivamente modificato dall’uomo con la costruzione di rifugi e impianti di risalita.

Descrizione del percorso:

Come anticipato, il percorso ha inizio in coincidenza della Baita Segantini (m 2170), eccellente punto di ristoro aperto da fine giugno a fine settembre. L’immediato circondario offre uno dei panorami più celebri e rinomati di tutte le Dolomiti. In particolare svetta, subito ad oriente del rifugio, il magnifico e slanciato profilo del Cimone della Pala (m 3184), forse la più elegante fra le massime vette del gruppo. Il binomio Cimon della Pala – Baita Segantini ha riempito nel corso degli anni migliaia di cartoline, poster e libri fotografici delle Alpi. Appena a nord del Cimone della Pala svetta l’obiettivo della nostra escursione: la grande, tozza sagoma del Mulaz che precipita sulla sottostante Val Venegia con un immenso paretone roccioso. Alle nostra spalle notiamo invece l’imponente massiccio del Lagorai con le sue pareti settentrionali, spesso intasate dalla neve sino ad estate inoltrata.

Il nostro tracciato ha inizio subito oltre il rifugio seguendo la strada bianca, chiusa al traffico, che solca i prati ai piedi della Costazza. Caliamo poi, in moderata discesa, nella bellissima Val Venegia con una serie di tornanti che possono tuttavia essere evitati sfruttando alcune evidenti scorciatoie. Raggiungiamo l’ampio pianoro, dominato a nordest dalla parete del Mulaz e a sudest, ancora una volta, dal Cimon della Pala. Siamo presso le Sorgenti del Travignolo (circa m 1950), un luogo di rara suggestione con la piccola verdeggiante piana attraversata dal torrente e le imponenti cime dolomitiche a fare da quinte a questo  paesaggio idilliaco. Abbandoniamo il proseguo della carrareccia che proseguirebbe discendendo ulteriormente la Val Venegia per volgere invece a destra (segnavia n° 710 -  cartello indicante il Rifugio Volpi – ore 0,40 dalla partenza). Il percorso diviene un comodo sentierino dapprima scavato, quasi in piano, nel pascolo.

Ricevuto da sinistra il sentiero che proviene dalla Malga Venegiota proseguiamo in salita che diviene progressìvamente più ripida (segnavia 710 – cartello segnalatore). Andiamo a dominare dall’alto la Val Venegia osservando a distanza, nell’altro versante, le pendici prative della Costazza e l’inconfondibile profilo roccioso e appuntito del Castellaz. Con il crescere dell’altitudine compare verso sudovest la Catena del Lagorai al di là della sella che ospita la Baita Segantini.

Il sentiero procede inerpicandosi sul ripido pendio in ambiente severo e selvaggio, dominato dai profili rocciosi e strapiombanti della Cima dei Bureloni e della Cima del Focobon. Nella fascia compresa tra i 2000 e i 2200 metri andiamo a lambire parecchi grandi massi di dolomia nonché alcune impressionanti rupi verticali colonizzate, nel mese di agosto, dalle infiorescenze violacee della bellissima Campanula morettiana, uno dei più rari e spettacolari endemismi dell’area dolomitica. Poco oltre il sentiero sale in diagonale ascendente verso destra lungo una cengia in parte esposta ma ben assicurata con fune metallica come corrimano e con alcuni gradini artificiali. Il tratto impegnativo è brevissimo e privo di reali difficoltà con fondo asciutto grazie al tracciato comunque semplice e privo di passaggi tecnici. Da rilevare, sulla sinistra, il poderoso strapiombo che si innalza in direzione della cima del Mulaz precipitando quasi sulla verticale del sentiero. In ambiente severo, di arcaica bellezza, rimontiamo il pendio caratterizzato da frazioni prative alternate a roccette affioranti. La Val Venegia appare alle nostre spalle sempre più profonda mentre di fronte a noi è ben evidente la struttura rocciosa del Mulaz. Da rilevare i poderosi strapiombi che ci sovrastano sulla destra. Superate alcune facili balze il sentiero, in pendenza moderata, rimonta una sorta di modesto solco vallivo dapprima tra gli ultimi scampoli erbosi quindi su ghiaione caratterizzato da detriti e ciottoli in parte instabili. Non è raro incontrare in questa frazione alcuni nevai residui soprattutto nella prima parte della stagione estiva. In rude ambiente d’alta quota andiamo ad accostare le pareti che chiudono la testata valliva con il tracciato che obliqua verso sinistra contornando la base delle stesse. Un ultimo ripido tratto precede l’accesso al Passo Mulaz (m 2619 – ore 1,45 dalle Sorgenti del Travignolo - ore 2,25 dalla partenza presso la Baita Segantini).

Muoviamo in direzione del Rifugio G. Volpi al Mulaz segnalato dai cartelli ad appena 10 minuti di cammino. Procediamo quasi in piano su fondo detritico. Poco oltre, abbandoniamo il proseguo per il rifugio volgendo a sinistra sulla traccia segnata che permette di salire in vetta al Mulaz, da qui ben visibile in quanto posto sulla nostra verticale. La prima frazione traversa comodamente su fondo detritico facile e solido. Da notare la vista alle spalle estesa spettacolarmente alle principali cime delle Pale di S.Martino con, da sinistra verso destra, la Cima di Campido (m 3001), la vicina e grandiosa Cima del Focobon (m 3054), il Campanile di Valgrande (m 2995), la Cima di Valgrande (m 3038) e la Cima dei Bureloni (m 3130). Raggiungiamo un fastidioso solco franoso che sale ripido e smosso dal passaggio degli escursionisti.

Prestando la debita attenzione all’instabilità del fondo lo rimontiamo sino ad accedere più in alto ad un terrazzino a cengia che il sentiero sfrutta obliquando con decisione verso destra. Traversiamo ora quasi in piano aggirando tutta la struttura sommitale del Mulaz guidati da alcuni evidenti ometti di pietra. Un solo breve salto richiede un attimo d’attenzione per la leggera esposizione. L’ambiente resta severo dominato a sud dalla Cima del Focobon e dalla Cima dei Bureloni. In ultimo abbandoniamo la facile cengia per salire a sinistra con un ultimo ripido tratto roccioso. Siamo ormai in vista del punto più alto che guadagniamo faticosamente ma in breve. Dalla cima (m 2907 – circa ore 1 dal Passo del Mulaz - ore 3,30 dalla partenza) la vista è immensa ed istruttiva, aperta in tutte le direzioni ed interrotta in minima parte verso sud dalle prima elencate cime delle Pale di S.Martino. Il punto d’osservazione è di prim’ordine per via della quota rilevante permettendo d’apprezzare a quasi pari altezza, come le cime più alte delle Pale siano articolate in torrioni e pinnacoli rocciosi. Da notare, verso ovest, la singolare struttura del Castellaz che appare ora bassa, spogliata della sua imponenza ma caratteristica nella sua sagoma che sembra ricordare alcuni monoliti rocciosi dei deserti del nord America. Uno sguardo attento noterà, ancora più distante e appena a destra del Castellaz, il lago artificiale di Paneveggio mentre a sinistra della montagna si osservano i prati del Passo Costazza con la Baita Segantini dove la nostra avventura ha avuto inizio. Sotto la nostra verticale si distende, nei suoi verdeggianti prati, la bellissima Val Venegia. Il rientro avviene a ritroso ed impegna per meno di 3 ore (circa 6,30 ore complessive).

Cenni sulla flora:

La varietà di piante presenti lungo questo itinerario è un qualcosa che non può non destare meraviglia. Particolarmente rilevante appare la presenza di entità endemiche ad areale particolarmente ristretto che hanno scelto le rupi dolomitiche come habitat nonostante le estreme condizioni climatiche presenti sulle rocce e sui detriti alla base delle pareti. Segue una lista delle entità floreali più belle e di rilievo con qualche indicazione sulla loro posizione geografica.

Endemismi:

1) Sassifraga di Facchini (Saxifraga facchinii), un endemismo confinato sulle cime più alte delle Dolomiti Occidentali. Sulle Pale di S.Martino sono presenti alcune fra le stazioni più ricche e qualche piantina è visibile proprio lungo il percorso descritto. Si tratta di una pianta straordinaria che sopravvisse all’epoca delle glaciazioni rifugiandosi sulle poche cime lasciate libere dai ghiacci. Da allora Saxifraga facchinii è rimasta confinata sulle vette sfidando, anno dopo anno, il vento e il gelo. Non scende mai al di sotto dei 2400 – 2500 metri di quota, ovvero la quota massima che fu raggiunta nelle glaciazioni dalla calotta gelata. Al di sopra di questa altitudine alcune piante riuscirono a sopravvivere insediandosi sulle rocce dove tutt’oggi la specie è confinata. Lungo il percorso descritto troverete, prestando molta attenzione, qualche isolato pulvino nel tratto sommitale compreso tra il Passo del Mulaz e la cima. Attenzione a non confonderla con Saxifraga sedoides che ad un occhio non allenato può apparire molto simile.

2) Campanula di Moretti (Campanula morettiana). Si tratta di uno straordinario endemismo ristretto a poche aree delle Dolomiti che predilige le fessure spesso inaccessibili delle rupi calcaree strapiombanti. La sua predilezione per le rocce verticali fa sì che le piante più belle siano raggiungibili solo da alpinisti provetti mentre assai rare sono le posizioni che ne permettono l’osservazione ai normali escursionisti. La salita al Mulaz concede la comoda osservazione di alcuni gruppi di piante nel tratto che dalle Sorgenti del Travignolo sale al Passo del Mulaz. Nel settore compreso tra i 2000 e i 2200 metri il sentiero bordeggia infatti alcune rupi poste a sinistra del tracciato sulle quali, nel mese di agosto, è impossibile non notare le bellissime infiorescenze violacee della pianta in questione. Osservare Campanula morettiana e Saxifraga facchinii significa ammirare due tra le piante più rare non solo delle Dolomiti ma dell’intero arco alpino.

3) Bonarota comune (Paederota bonarota). Specie rupicola per eccellenza, ama anch’essa le pareti calcaree dolomitiche verticali. Rispetto a Campanula morettiana è meno rara in quanto presente in una fascia altitudinale più ampia e talvolta anche su rocce isolate e non necessariamente strapiombanti. E’ un endemismo del nordest italiano e lungo questo percorso è comodamente osservabile sui grandi massi rotolati presenti presso le Sorgenti del Travignolo.

4) Eritrichio nano (Eritrichium nanum). Pianta endemica tipica delle Dolomiti dai piccoli, graziosi fiorellini azzurri che ricordano quelli del comune Nontiscordardime. Colonizza gli sfasciumi e le crepe nella dolomia ed è presente lungo il percorso nel settore sommitale presso e soprattutto a monte del Passo del Mulaz.

5) Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus) dai bellissimi fiori rosa. Endemica delle Alpi Orientali è una pianta presente in grande quantità nel settore compreso tra la Baita Segantini e le Sorgenti del Travignolo. Colonizza rupi calcaree e detriti della Val Venegia.

6)  Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Pianta endemica delle Alpi centro orientali molto simile al più diffuso Rododendro ferrugineo dal quale si distingue per l’evidente pelosità delle foglie. Cresce unicamente su substrato calcareo e non è pertanto un caso se risulta particolarmente diffuso sulle Dolomiti.

7) Androsace di Hausmann (Androsace hausmannii). L’osservazione di questo endemismo davvero raro del nordest richiede una piccola deviazione dal sentiero sopra descritto. Con base presso la Baita Segantini muoviamo in direzione dell’evidente, slanciata sagoma del Cimone della Pala raggiungendone, in 15 minuti circa la base transitando in debole saliscendi tra i prati. Troviamo qui un caotico ammasso di ciclopici macigni rotolati nei secoli dalla soprastante parete rocciosa. Negli spacchi delle rocce troviamo diversi esemplari di Androsace hausmannii fioriti, in condizioni normali, all’inizio del mese di luglio. Al pari di Saxifraga facchinii e Campanula morettiana si tratta di una delle piante più belle, rare e pregevoli delle intere Dolomiti nonostante le piccolissime dimensioni dei fiori.

8)  Genziana del Monte Tricorno (Gentiana terglouensis). Endemica delle Dolomiti, delle Caravanche e degli Alti Tauri, presenta infiorescenza di colore blu molto simile a quella della comune Genzianella. Il riconoscimento avviene osservando le caratteristiche foglie basali che sono raccolte in 3 – 4 coppie sovrapposte su ciascun lato. E’ presente in buona quantità presso il Passo del Mulaz dove appare fiorita ad inizio agosto.

9) Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali è presente sulle rocce dolomitiche presso le Sorgenti del Travignolo e salendo al Passo del Mulaz.

Altre piante di montagna facilmente osservabili:

1)   Anemone del Monte Baldo (Anemone baldensis). Nonostante la denominazione non è pianta endemica tuttavia è nel complesso poco diffusa. Predilige il substrato calcareo ed è pertanto presente in diverse zone delle Dolomiti. Lungo il nostro percorso è osservabile nei macereti calando dalla Baita Segnatini alle Sorgenti del Travignolo.

2) Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum) presente nei prati della Val Venegia.

3) Camedrio (Dryas octopetala) presso le Sorgenti del Travignolo. Ama il substrato calcareo e fiorisce precocemente (giugno – luglio).

4) Genzianella (Gentiana verna) presso le Sorgenti del Travignolo. Altra pianta caratteristica del periodo immediatamente successivo al disgelo (giugno – luglio).

5)  Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum) piuttosto comune e diffuso nei prati salendo verso il Passo del Mulaz.

6) Papavero alpino retico (Papaver alpinum subsp.rhaeticum). Pianta “fissatrice”, in grado, con le sue radici, di dare stabilità ai ripidi ghiaioni dolomitici. E’ presente negli accumuli detritici presso le Sorgenti del Travignolo.

7) Potentilla lucida (Potentilla nitida). Sebbene non endemica è particolarmente diffusa sulle Dolomiti dove forma inconfondibili tappeti trapuntati da appariscenti fiori rosati.

8)  Primula nana (Primula minima). Nei prati poco a valle della Baita Segantini è presente in discreta quantità. Fiorisce sin da fine giugno.

9)  Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum). La famosa “Rosa delle Alpi” riveste, soprattutto ad inizio giugno, i pendii dei suoi fiori purpurei. Presente in Val Venegia.

10) Ranuncolo alpestre (Ranunculus alpestris). A cavallo tra luglio e agosto è presente, con i suoi appariscenti fiori bianchi, nelle rocce presso il Passo del Mulaz.

11)   Stella alpina (Leontopodium alpinum). Il fiore per eccellenza delle Alpi è presente con diversi esemplari, nei prati a lato del sentiero che sale dalle Sorgenti del Travignolo al Passo del Mulaz.

12) Soldanella alpina (Soldanella alpina). Questo delicato e grazioso fiore, tipico del disgelo, è presente nei prati e nei macereti immediatamente a valle della Baita Segantini dove fiorisce solitamente in giugno.

13)  Soldanella del calcare (Soldanella minima). Simile alla precedente, si distingue per la taglia ancora più piccola, per la corolla di colore bianco oppure bianco-rosato e per lo stilo che, a differenza di Soldanella alpina, non sporge mai dalla corolla. Alcuni esemplari sono presenti nei macereti immediatamente a valle della Baita Segantini scendendo in Val Venegia.

14)   Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata), presente scendendo dalla Baita Segantini in Val Venegia.

15)   Sassifraga setolosa (Saxifraga sedoides), presente tra le rocce soprattutto nella fascia sommitale fra il Passo del Mulaz e la cima.

16)   Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides), piuttosto comune presso le Sorgenti del Travignolo.

17)   Minuartia sedoide (Minuartia sedoides); piccola pianta pulvinante che raggiunge quote considerevoli. E’ stata osservata presso il Passo del Mulaz.

18)   Luparia (Aconitum lycoctonum); una delle piante più velenose delle Alpi per via dei suoi alcaloidi. L’abbiamo osservata presso le Sorgenti del Travignolo.

19)   Platantera comune (Platanthera bifolia); bella ed appariscente orchidea presente nei prati presso le Sorgenti del Travignolo.

20)  Silene a cuscinetto (Silene acaulis). Bella pianta prostrata che forma fitti cuscinetti trapuntati da  numerosi fiorellini rosati. E’ presente in grande quantità alle quote superiori presso e a monte del Passo del Mulaz.

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