Castellaz

CASTELLAZ (m 2333)

Una montagna in generale ben nota ai frequentatori delle Pale di S.Martino con particolare riferimento alla zona di Passo Rolle. Dal valico il Castellaz appare più imponente di quanto non giustifichi la sua quota contenuta in quanto rivolge in questa direzione le sue strapiombanti, rocciose pareti meridionali. Si tratta in realtà di una montagna conquistabile molto facilmente con la via normale di salita che sfrutta i tavolati prativi rivolti, in moderata pendenza, verso settentrione. L’itinerario di salita al Castellaz, così come ve lo racconteremo tra breve, non è il più rapido per guadagnarne la sommità ma è un pretesto al fine di risalire la Val Venegia.

La Val Venegia è una valle bellissima miracolosamente scampata ai progetti turistici che troppo spesso rovinano le nostre montagne stravolgendone l’ambiente naturale. Lo scotto che troppo spesso si paga in questi luoghi, dove l’ambiente è ancora quello arcaico che gli amanti della montagna ricercano, è purtroppo dato dall’incontrollato turismo estivo. E così capita troppo spesso, nel mese di agosto, di trovare l’ampia mulattiera che risale la valle percorsa da centinaia di turisti che trovano, in questo luogo, una comoda meta raggiungibile senza problemi. Basta tuttavia scegliere altri periodi per provare nuovamente sensazioni ormai rare nell’ambito delle Dolomiti. E’ stato il nostro caso: per redigere questa relazione abbiamo infatti risalito la Val Venegia a fine giugno. L’itinerario, come anticipato, è semplicissimo e nonostante la considerevole lunghezza è alla portata della maggior parte degli escursionisti, eppure le sensazioni che abbiamo provato sono difficili da dimenticare e da descrivere. Vorremmo trasmettervi il nostro entusiasmo e la nostra meraviglia mentre lentamente, metro dopo metro, abbiamo risalito in debole pendenza il corso del Torrente Travignolo: i colori erano vivi, accesi sotto il primo sole estivo. I prati erano costellati dai mille colori dei fiori mentre a sinistra svettavano, slanciate ed imprendibili, le pallide guglie e le strapiombanti pareti delle Pale di S.Martino. Alla base delle rocce spiccava il bianco dei nevai a ricordo dell’inverno appena trascorso a contrastare con il blu del cielo e con il verde dei prati fradici della rugiada del mattino a creare contrasti unici e ad infondere la sensazione di un ambiente remoto nella sua bellezza. Nel percorrere la Val Venegia in una tersa mattina d’inizio estate non potrete non sentirvi fortunati nel poter osservare un qualcosa di troppo bello e raro per poterlo descrivere nelle poche parole di questo testo. L’arrivo alla Baita Segantini vi regalerà uno dei panorami più celebrati delle Dolomiti, mentre il proseguo sino in cima al Castellaz impreziosirà ulteriormente la salita con l’aggiunta di una cima dalla quale il panorama è sorprendente per estensione e bellezza. L’ascensione descritta è percorribile già da maggio sino a tutto ottobre, ma ribadiamo che soprattutto tra giugno e luglio potrete osservare i colori più belli e godere di quel meraviglioso silenzio che questo luogo infonde nell’animo del vero amante della montagna. Un’ultima nota per chi apprezza la flora alpina: si tratta di un itinerario sensazionale per la biodiversità. E’ in assoluto, per l’Italia, una delle zone più ricche di piante, molte delle quali endemiche o molto rare. Si parla di oltre 500 specie censite solo in Val Venegia. In coda alla relazione trovate un ampio resoconto e una lista che riporta le entità più belle e facili da riconoscere.

L’escursione in breve:

Parcheggio presso Malga Venegia (m 1767) – Malga Venegiota (m 1824) – Campigol della Vezzana - Baita Segantini (m 2170) - Castellaz (m 2333)

Dati tecnici:

Dal parcheggio presso Malga Venegia (m 1767): Difficoltà: EE (T sino alla Baita Segantini – E sino alla base del Castellaz – EE nel tratto di salita nel canalone ghiaioso comunque evitabile mantenendo la via normale) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 566. Acqua sul percorso: nel torrente Travignolo risalendo la Val Venegia; sono inoltre presenti due comodi punti d’appoggio nella Malga Venegiota e nella Baita Segantini. In ogni caso è bene informarsi sulla data estiva d’apertura che di solito avviene intorno al 20 giugno.

Accesso:

Chi proviene dall’autostrada del Brennero esce ad Ora (Alto Adige) per poi seguire le indicazioni per Cavalese. Si percorre la statale raggiungendo il Passo di San Lugano ed entrando in territorio trentino. Risaliamo la Val di Fiemme sino al paese di Predazzo dove abbandoniamo la statale che procederebbe in direzione della Val Fassa per volgere a destra seguendo le indicazioni per Passo Rolle. Guadagniamo quota transitando per Paneveggio (con l’omonimo lago) e ammirando splendidi scorci verso sud sulla catena del Lagorai. Nel proseguo abbandoniamo la salita per Passo Rolle volgendo a sinistra con indicazioni per il Passo di Valles. Manteniamo la strada brevemente sino a trovare sulla destra il bivio per la Val Venegia. Muoviamo in questa direzione su carrareccia a fondo naturale. Il tratto percorribile in auto è breve (un km circa) e ha termine a breve distanza dalla Malga Venegia (numerose possibilità di parcheggio). Il proseguo verso la testata della valle è chiuso al traffico e sarà risalito dalla prima parte della nostra escursione. In piena estate, con tempo buono, è piuttosto comune che i parcheggi vengano esauriti rapidamente: in questo caso il breve tratto percorribile in auto della Val Venegia viene chiuso al traffico e deve essere percorso a piedi con un’aggiunta di 15 – 20 minuti di cammino.

Descrizione del percorso:

La nostra escursione ha inizio presso Malga Venegia (m 1767) proseguendo oltre il parcheggio e la sbarra che impedisce il transito alle macchine. Andiamo a risalire la Val Venegia seguendo la comoda forestale chiusa al traffico che in debole salita ne segue lo sviluppo restando a sinistra del Torrente Travignolo. Il panorama verso la testata della valle appare magnifico e siamo solo ai primi passi della nostra avventura: le grandi pareti dolomitiche delle Pale di San Martino dominano la profonda vallata con in evidenza la sagoma del Cimon della Pala. Tratti boschivi si alternano a prati verdissimi creando un grandioso contrasto di colori specialmente in presenza, sulle montagne circostanti, di eventuali nevai residui. Stiamo parlando di un luogo di rara suggestione in uno degli ambienti più incontaminati delle intere Dolomiti. Con pendenza che resta sempre molto dolce raggiungiamo Malga Venegiota (m 1824 – ore 0,30 dalla partenza), eccellente punto d’appoggio aperto e gestito nella stagione estiva.

Dopo un’eventuale sosta proseguiamo mantenendo l’ampia strada bianca. Gli alberi divengono pochi ed isolati. Siamo nel regno dei pascoli d’altitudine con alcuni ghiaioni di sfasciumi e detriti (Campigol della Vezzana) ad interrompere la continuità dei prati. Il Torrente Travignolo è ormai ridotto ad un modesto torrente d’acqua limpidissima e siamo in pratica presso le sue sorgenti in coincidenza di un verdeggiante pianoro dominato dal Cimon della Pala. Superato questo breve tratto piano affrontiamo ora la salita a tornanti che permette di risalire la testata della Val Venegia. Alle spalle possiamo osservare l’imponente struttura del Mulaz posizionata sulla destra orografica della valle. E’ possibile abbreviare il percorso sfruttando alcune brevi frazioni di sentiero non segnato che tagliano in modo evidente diversi tornanti permettendo una salita più ripida ma più diretta. In ogni caso guadagniamo quota portandoci lungo le pendici prative della soprastante Costazza. In ultimo la pendenza decresce fino a raggiungere l’ampia sella prativa del Passo della Costazza (m 2170) ove è posta la Baita Segantini (ore 2,30 dalla partenza). Si tratta, come nel caso della Malga Venegiota, di un ottimo rifugio gestito nel periodo estivo che invita ad una raccomandatissima sosta. Il panorama che si gode dalla costruzione è uno dei più famosi e celebrati delle Dolomiti. Nello specifico la Baita Segantini costituisce un binomio inscindibile con il Cimone dalla Pala; l’aspetto di questa montagna straordinaria è quello di un dito di roccia, affusolato e slanciato, che sembra allungarsi all’infinito sino a raggiungere il cielo. Più a nord, come anticipato in precedenza, troneggia il Mulaz; certo quest’ultimo non presenta le forme spettacolari del Cimon della Pala, tuttavia il suo profilo, massiccio ed imponente, desta ugualmente ammirazione per via dell’impressionante parete occidentale che ricade direttamente sulla sottostante Val Venegia. Verso occidente si dischiudono, al di là del Passo della Costazza, nuovi orizzonti con visibile un settore del Lagorai, gruppo montuoso ben diverso dalle Dolomiti in quanto non presenta rocce calcaree.

Con partenza dalla Baita Segantini affrontiamo ora la seconda parte della salita che permette il raggiungimento della vetta del Castellaz. Torniamo a ritroso, in direzione della Val Venegia, per nemmeno cento metri sino all’evidente bivio: lasciamo la strada bianca usata in salita per volgere a sinistra sull’ampia e comoda mulattiera. Il tracciato traversa praticamente in piano tra i prati aggirando le pendici della Costazza sino a portarsi sul versante settentrionale della montagna. Nel proseguo il sentiero volge deciso a sinistra procedendo in pratica senza dislivelli sino a scorgere l’inconfondibile profilo del Castellaz. Appare evidente che per raggiungere la base rocciosa della montagna dovremo ora perdere debolmente quota tra le suggestive ondulazioni prative che caratterizzano la zona. Da notare inoltre, nei giorni più limpidi, l’orizzonte a sinistra del Castellaz che si dilata sino a raggiungere, a grande distanza, i gruppi montuosi delle Alpi Centrali. Come anticipato scendiamo debolmente, tra pascoli e cespugli di rododendro, fino alla base dei ghiaioni che caratterizzano la struttura del Castellaz. La salita indicata dai cartelli prevede ora l’aggiramento dell’ampio bastione roccioso passando sul versante settentrionale della montagna; è tuttavia possibile guadagnare la cima con itinerario decisamente più veloce e diretto anche se, ovviamente, più impegnativo e ripido. Con buona visibilità non si fatica infatti a scorgere una traccia che rimonta a stretti tornanti il ripidissimo canalone detritico ricadente dalla cresta sommitale. Per raggiungere questa traccia abbandoniamo la mulattiera volgendo senza percorso obbligato a sinistra, in faticosa risalita fra sassi e detriti instabili, sino a portarsi sul ben marcato percorso. Nella parte superiore del solco detritico passiamo tra caratteristiche guglie e poderose pareti dolomitiche stratificate. Il panorama alle spalle offre uno splendido colpo d’occhio sul sentiero appena percorso con le arrotondate ondulazioni prative della Costazza a contrastare con le retrostanti cime dolomitiche. Prestando attenzione alla ripidezza del fondo, in ambiente severo e ombreggiato, rimontiamo per intero il canalone sino a raggiungere la selletta che permette d’accedere al versante settentrionale della montagna. Osserviamo con sorpresa come il Castellaz sia, su questo lato, caratterizzato da innocui pendii prativi in moderata pendenza. Riprendiamo la via normale, che avevamo abbandonato alla base del canalone, volgendo a sinistra a risalire, su innocuo sentierino, il tratto sommitale della via. In ultimo, tra sconnessi affioramenti rocciosi, guadagniamo le rocce sommitali e infine il punto più alto (m 2333 – ore 1,15 dalla Baita Segantini – ore 3,45 dalla partenza - prestare attenzione allo strapiombante salto rivolto a sud).

Immenso il panorama di vetta. Nonostante la quota contenuta, soprattutto in paragone con le altre cime circostanti, la posizione centrale del Castellaz offre una visione vasta ed appagante. Verso sud-ovest osserviamo le ampie e verdeggianti praterie del Passo Rolle attraversate dalla statale che unisce S.Martino di Castrozza a Paneveggio. Passo Rolle appare sovrastato dalla lunga catena del Lagorai spesso innevata per buona parte della stagione estiva grazie alla favorevole esposizione a nord; nello specifico notiamo in primo piano il rilievo della Cavallazza, riconoscibile per le piste da sci che ne rovinano le pendici. Più ad occidente osserviamo il bacino artificiale di Paneveggio che appare incastonato tra fitte e lussureggianti abetaie. Verso settentrione lo sguardo si estende a diversi gruppi dolomitici con il Latemar in bella vista. Volgendo ad oriente si ripete il panorama che ha caratterizzato buona parte dell’ascensione: sfilano le vette della parte centrale delle Pale di S.Martino con il Mulaz e il Cimon della Pala in particolare evidenza, quest’ultimo a sovrastare la verdissima sommità della Costazza.

Rientro a valle:

Il rientro avviene a ritroso con la possibilità d’evitare in discesa l’instabile e ripido canalone usato come via diretta di salita. In questo caso, raggiunto in discesa il colletto che sovrasta il ghiaione, si mantiene il facilissimo sentierino che caratterizza la via normale. Caliamo pertanto verso nord lasciando alla nostra destra il canale di sfasciumi. Perdiamo quota tra facili terrazzi prativi in moderata pendenza contornando, più in basso, alcune paretine rocciose affioranti poste a sinistra del percorso. Un occhio attento noterà, tra crepe e spacchi ombreggiati di queste rocce, la presenza della rara ed endemica Primula tyrolensis che, nei mesi di maggio e giugno, adorna con le sue corolle rosate queste fessure in apparenza nude e prive di vita. Più in basso il percorso cambia direzione volgendo deciso a destra. Cessa la discesa e ha inizio l’ampio aggiramento della struttura basale del Castellaz. Il percorso si sviluppa in pratica pianeggiante tra i prati sino a riportarsi alla base del ghiaione utilizzato per la salita. Il rientro procede da qui in poi ricalcando a ritroso il percorso d’andata aggirando le pendici della Costazza per poi raggiungere la Baita Segantini e calare in Val Venegia. Complessivamente la discesa impegna per ore 2,45 circa (ore 6,30 complessive).

Cenni sulla flora:

L’escursione appena descritta si sviluppa in una zona a dir poco sensazionale per l’abbondanza e il rigoglio della vegetazione. E’ in assoluto una delle escursioni dove abbiamo osservato maggiore varietà floreale con parecchie entità endemiche o molto rare. Gli amanti della flora alpina considerano la Val Venegia e i suoi dintorni un vero tempio botanico nel quale ammirare piante pregevoli e soprattutto meritevoli di protezione.

Elenchiamo di seguito oltre 50 specie diverse osservate senza troppe difficoltà alla fine del mese di giugno. Fanno eccezione poche specie che fioriscono più tardi e che abbiamo comunque incluso nella lista quali Campanula morettiana (fioritura in agosto – settembre), Saxifraga crustata (luglio – agosto) e Gentianella carinthiaca (agosto – settembre).

Endemismi:

1) Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus) dai bellissimi fiori rosa. Endemica delle Alpi Orientali è una pianta presente in grande quantità nel settore compreso tra le Sorgenti del Travignolo e la Baita Segantini. Colonizza rupi calcaree e detriti della Val Venegia.

2)  Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Pianta endemica delle Alpi centro orientali molto simile al più diffuso Rododendro ferrugineo dal quale si distingue per l’evidente pelosità delle foglie. Cresce unicamente su substrato calcareo e non è pertanto un caso se risulta particolarmente diffuso sulle Dolomiti.

3) Campanula di Moretti (Campanula morettiana). Si tratta di uno straordinario endemismo ristretto a poche aree delle Dolomiti dove predilige le fessure spesso inaccessibili delle rupi calcaree strapiombanti. La sua predilezione per le rocce verticali fa sì che le piante più belle siano raggiungibili solo da alpinisti provetti mentre assai rare sono le posizioni che ne permettono l’osservazione ai normali escursionisti. Lungo il nostro percorso è osservabile tra le rupi sommitali del Castellaz dove, nel mese di agosto, è impossibile non notare le bellissime ed inconfondibili infiorescenze violacee.

4) Androsace di Hausmann (Androsace hausmannii). L’osservazione di questo endemismo davvero raro del nordest richiede una piccola deviazione dal sentiero sopra descritto. Con base presso la Baita Segantini muoviamo in direzione dell’evidente, slanciata sagoma del Cimone della Pala raggiungendone, in 15 minuti circa, la base transitando in debole saliscendi tra i prati. Troviamo qui un caotico ammasso di ciclopici macigni rotolati nei secoli dalla soprastante parete rocciosa. Negli spacchi delle rocce troviamo diversi esemplari di Androsace hausmannii fioriti, in condizioni normali, all’inizio del mese di luglio. Al pari della Campanula morettiana si tratta di una delle piante più belle, rare e pregevoli delle intere Dolomiti nonostante le piccolissime dimensioni dei fiori.

5) Bonarota comune (Paederota bonarota). Specie rupicola per eccellenza, ama le pareti calcaree dolomitiche verticali. E’ un endemismo del nordest italiano e lungo questo percorso è comodamente osservabile sui grandi massi rotolati presenti presso le Sorgenti del Travignolo nonché sulle rocce verticali presso la cima del Castellaz.

6) Eritrichio nano (Eritrichium nanum). Pianta endemica tipica delle Dolomiti dai piccoli, graziosi fiorellini azzurri che ricordano quelli del comune Nontiscordardime. Colonizza gli sfasciumi e le crepe nella dolomia ed è presente lungo il percorso sulle rocce presso le Sorgenti del Travignolo, ad una quota insolitamente bassa per una pianta che normalmente non scende al di sotto dei 2500 metri.

7) Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali è presente sulle rocce dolomitiche presso le Sorgenti del Travignolo.

8) Primula tirolese (Primula tyrolensis). Pianta endemica piuttosto rara con areale ristretto alle montagne trentine, bellunesi, vicentine e friulane. Predilige le fessure delle rupi su calcaree o dolomia. Piuttosto precoce nella fioritura (maggio e giugno), è presente nel settore sommitale del Castellaz dove predilige gli anfratti rivolti verso nord. 

9) Pedicolare a racemo allungato (Pedicularis elongata); endemica delle Alpi orientali dalla Lombardia al Friuli, è presente in Val Venegia tra la partenza e la Malga Venegiota.

10) Valeriana strisciante (Valeriana supina): endemica dell’arco alpino, predilige i ghiaioni rocciosi su substrato calcareo. Lungo il nostro percorso è presente in alta Val Venegia tra il Campigol della Vezzana e la Baita Segatini.

11) Primula nana (Primula minima); endemica delle Alpi Orientali è presente in discreta quantità nei prati attorno alla Malga Segantini.

12) Valeriana gialla (Valeriana elongata), endemica delle Alpi Orientali e tipica di rocce e ghiaioni in posizioni ombreggiate. Lungo l'itinerario descritto condivide l'habitat con Androsace hausmannii. Con base presso la Baita Segantini muoviamo in direzione dell’evidente, slanciata sagoma del Cimone della Pala raggiungendone, in 15 minuti circa, la base transitando in debole saliscendi tra i prati. Troviamo qui un caotico ammasso di ciclopici macigni rotolati nei secoli dalla soprastante parete rocciosa. Negli spacchi delle rocce ne troveremo alcuni esemplari.

Riportiamo di seguito una lunga lista di altre piante non endemiche per le quali ci limitiamo a commentare unicamente le più rare o meritevoli d’attenzione.

Osservabili tra la partenza e il Campigol della Vezzana:

1)      Orchidea a foglie larghe (Dactylorhiza majalis). Robusta ed appariscente orchidea tipica delle zone umide e dei bordi dei ruscelli, nel complesso infrequente. Al tempo della fioritura è impossibile non notarne la fioritura salendo verso Malga Venegiota.

2)    Primula farinosa (Primula farinosa); come la precedente ama i prati umidi e torbosi, non è quindi un caso se condividono, lungo questa escursione, il medesimo habitat.

3)       Clematide alpina (Clematis alpina)

4)       Giglio martagone (Lilium martagon)

5)       Nigritella rossa (Nigritella miniata)

6)       Primula orecchia d’orso (Primula auricula)

7)      Pinguicola alpina (Pinguicola alpina), una delle poche piante carnivore presenti in Italia; riesce a sopperire alla mancanza di sali minerali del terreno torboso catturando piccoli insetti che vengono imprigionati grazie ad una serie di goccioline vischiose presenti sui bordi delle foglie.

8)       Bugola (Ajuga reptans)

9)       Vulneraria (Anthyllis vulneraria)

10)   Poligono viviparo (Polygonum viviparum)

11)   Orchidea delle zanzare (Gymnadenia conopsea)

12)   Valeriana trifogliata (Valeriana tripteris)

Osservabili tra il Campigol della Vezzana e la Baita Segantini:

1)     Anemone del Monte Baldo (Anemone baldensis); il nome della pianta farebbe pensare ad un endemismo, in realtà è diffusa sulle montagne di buona parte dell’Europa centrale e meridionale. Nonostante questo resta un’entità piuttosto rara; lungo il nostro percorso è presente in alta Val Venegia tra il Campigol della Vezzana e la Baita Segatini.

2)       Soldanella alpina (Soldanella alpina)

3)       Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata)

4)       Minuartia sedoide (Minuartia sedoides), nelle rocce rotolate alla base del Cimon della Pala, a breve distanza dalla Malga Segantini.

5)       Papavero alpino retico (Papaver alpinum L. subsp. rhaeticum) tra gli sfasciumi nel Campigol della Vezzana.

6)       Camedrio (Dryas octopetala)

7)       Genzianella (Genziana verna)

8)       Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum)

9)       Genziana di Clusius (Gentiana clusii)

10)   Cariofillata montana (Geum montanum)

11)   Cariofillata dei rivi (Geum rivale)

12)   Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum)

13)   Platantera comune (Platanthera bifolia)

14)   Viola gialla (Viola biflora)

15)   Petrocallide dei Pirenei (Petrocallis pyrenaica) osservata con una breve deviazione dal sentiero nelle stesse rocce in cui abbiamo rilevato Androsace hausmanni (vedi sopra nella sezione relativa agli endemismi)

16)   Tossillaggine alpina (Homogyne alpina)

17)   Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

18)   Botton d’oro (Trollius europaeus)

19)   Arabetta alpina (Arabis alpina)

20)   Pedicolare a foglie verticillate (Pedicularis verticillata)

Osservabili tra la Baita Segantini e la cima del Castellaz:

1)      Azalea alpina (Loiseleuria procumbens); caratterizzata da intricati e compatti pulvini trapuntati da numerosi, piccoli fiori rosa. Abbondante nei prati del versante orientale e settentrionale della Costazza.

2)     Soldanella del calcare (Soldanella minima); i suoi minuscoli fiorellini campanulati sono presenti sulle erbose pendici settentrionali della Costazza. Non è rara ma talvolta non viene notata per le sue dimensioni davvero piccole.

3)    Primula di Haller (Primula halleri), da non confondersi con Primula farinosa il cui fiore è molto simile. E’ presente nei prati del versante orientale e settentrionale della Costazza.

4)       Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum), sulle pendici nord della Costazza e ai piedi del Castellaz.

5)       Genziana punteggiata (Gentiana punctata)

6)       Salice reticolato (Salix reticulata)

7)       Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

8)       Ranuncolo alpestre (Ranunculus alpestris)

9)       Potentilla lucida (Potentilla nitida)

10)   Doronico di colonna (Doronicum columnae)

Aggiungiamo a questa lista il rarissimo Lomatogonio della Carinzia (Gentianella carinthiaca), la cui presenza in Italia è limitata a pochissime stazioni nelle Alpi Carniche e in area dolomitica. La sua fioritura è osservabile a fine estate con una breve digressione dal sentiero descritto. Vegeta infatti sulle pendici prative della Costazza, caratteristico dorso erboso che sovrasta il Passo della Costazza e la Baita Segantini e che può essere risalito da quest’ultima, senza via obbligata, in appena 20 minuti di cammino.

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