Cima Valmenon

CIMA VALMENON (CIMA VALBINÓN - m 2250)

Il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, a cavallo tra le province di Pordenone e Udine, tutela una zona estremamente interessante dal punto di vista naturalistico. Il paesaggio dominante è quello dolomitico, siamo tuttavia lontani anni luce dai gruppi delle Dolomiti più noti dove sentieri e rifugi sono sovrabbondanti. L’assenza di strade asfaltate e di strutture ricettive rende l’intera zona del parco molto selvaggia e severa e ad oggi il turismo stenta ancora a prendere piede. Sono molti i naturalisti e gli escursionisti a considerare queste le “vere” Dolomiti, in un settore dove si può ancora marciare per ore, anche in luglio e in agosto, incontrando pochissime persone. A nostro avviso sono qualità rare, da preservare; occorre comunque sottolineare come l’istituzione nel 1996 del parco abbia contributo ad attrezzare un minimo di rifugi e bivacchi che fungono da utile riferimento nelle traversate. Pochissime sono le cime accessibili agli escursionisti: quasi tutte le vette richiedono passaggi d’arrampicata o tratti esposti per via delle forme rocciose particolarmente aspre. Tra le poche eccezioni vi narriamo la bella salita alla Cima Valmenon sebbene anche in questo caso gli ultimi 30 minuti di cammino richiedano quanto meno piede fermo per via del fondo esposto ed estremamente ripido. Si tratta di un itinerario ad anello che raccomandiamo ad escursionisti con buon allenamento per via del percorso nel complesso lungo scegliendo una limpida giornata nei mesi compresi tra luglio e settembre. La quota contenuta permette la salita anche ad inizio autunno sebbene le prime gelate possano rendere il fondo scivoloso.

L’escursione in breve:

Parcheggio in Val Meluzzo (m 1163) - Casera Meluzzo (m 1175) - Val Meluzzo - innesto sentiero 379 – Bivacco Cason di Brica (m 1745) - innesto sentiero 369 – Forcella Val di Brica (m 2088) - Cima Valmenon (m 2250) – Forcella Val di Brica (m 2088) - Canpuros - Casera Valmenon (m 1778) - Cason dei Pecoli (m 1363) - Casera Meluzzo (m 1175) – parcheggio in Val Meluzzo (m 1163)

Dati tecnici:

Partenza dal parcheggio in Val Meluzzo (m 1163): Difficoltà: EE. (E tutto l’itinerario tranne la deviazione di 30 minuti che dalla Forcella Val di Brica conduce alla cima con difficoltà EE per l’esposizione e il fondo estremamente ripido; da notare che la frazione impegnativa può essere omessa essendo una digressione esterna al sentiero ad anello. (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale ad eccezione del tratto compreso tra la Forcella Val di Brica e la cima dove si incontra solamente qualche raro ometto di pietra. Dislivello assoluto: m 1087.

Accesso alla partenza:

Chi utilizza l’autostrada dovrà percorrere interamente la A27 sino al suo termine in località Pian di Vedoia per poi procedere sulla SS 51 d’Alemagna in direzione di Cortina d’Ampezzo. Raggiunto il paese di Longarone si abbandona la statale seguendo a destra le indicazioni per Claut. La strada bordeggia la Diga del Vajont, tristemente nota per i fatti che portarono alla morte di quasi 2000 persone nella notte del 9 ottobre 1963. Procediamo oltre superando il paese di Erto per poi raggiungere Cimolais (PN). Ignoriamo il proseguo per Claut abbandonando la strada principale per seguire a sinistra le indicazioni relative al Rifugio Pordenone. La strada, dapprima asfaltata, raggiunge rapidamente una sbarra con pedaggio. A pagamento avvenuto la carreggiata prosegue cieca, per oltre 10 km, alternando frazioni cementate ad altre a fondo naturale. Da notare l’ambiente straordinario in cui si articola la sterrata in quanto la valle a tratti si stringe in una forra scavata dalle impetuose e limpidissime acque del Torrente Cimoliana. E’ senz’altro sconsigliabile percorrere la strada a seguito di grandi piogge in quanto essa supera il letto di alcuni torrenti in grado d’invadere completamente il piano stradale. Una telefonata al Rifugio Pordenone è senz’altro consigliata per avere informazioni aggiornate. Si risale fin quasi al termine della strada dove troviamo diverse aree di parcheggio. Un tabellone in legno e una sbarra chiudono la diramazione per la Val Meluzzo nella quale si articolerà la nostra escursione.

N.B. Sebbene sia non necessario ai fini dell’escursione, chi lo desidera può con l’automobile proseguire per poche centinaia di metri fino al termine della strada dove troviamo il sentiero che in una decina di minuti raggiunge il Rifugio Pordenone. Ribadiamo che si tratta di una diramazione esterna al percorso descritto che tuttavia può rivelarsi utile se si desidera inserire una struttura gestita al percorso.

Descrizione del percorso:

Oltrepassata la sbarra si percorre l’ampia strada dapprima sconnessa e sassosa quindi su fondo erboso che raggiunge in breve la Casera Meluzzo (m 1175). L’ambiente si rivela già molto suggestivo: il verdeggiante fondovalle contrasta con le strapiombanti pareti dolomitiche del Col Meluzzo. Alla sinistra le aspre guglie della Cima Monfalcon di Montanaia destano la nostra ammirazione. Nonostante non vi siano cime che raggiungono i 3000 metri, il forte dislivello tra la Val Meluzzo e le vette soprastanti infonde la sensazione che le montagne siano molto più alte di quanto non sono in realtà. Nel proseguo la sterrata volge verso destra attraversando una vasta distesa pietrosa. In breve siamo all’imbocco della Val Postegae; da notare il bel colpo d’occhio in direzione della sua testata osservando nello specifico il Monte Pramaggiore, una delle elevazioni più importanti dell’intera catena delle Dolomiti Friulane.

Tralasciamo il proseguo sul segnavia 362 che rimonterebbe la Val Postegae per volgere a sinistra sul sentiero 361 (cartelli segnalatori) proseguendo lungamente nella risalita della Val Meluzzo. Ad una breve frazione su facile stradina al limitare del bosco segue un tratto su fondo detritico privo di vegetazione che in pratica coincide con il letto del torrente. Guadiamo il corso d’acqua spostandoci alla sua sinistra con il segnavia che prosegue risalendone la sponda permettendo d’osservare le trasparenze dell’acqua. La valle si stringe progressivamente con le pendenze che restano minime: il bosco prende progressivamente il sopravvento e infine raggiungiamo un’importante biforcazione poco prima del Cason dei Pecoli (ore 1 dalla partenza). Abbandoniamo il proseguo lungo la Val Menon volgendo a destra sul sentiero 379 andando a rimontare la ripida Val di Brica ed iniziando a percorrere un ampio anello.

Cambiano completamente le caratteristiche del percorso. Alle deboli pendenze della prima ora di cammino segue la risalita a tratti molto ripida del solco vallivo. Il percorso resta facile e ben marcato con il paesaggio che si apre progressivamente con la quota estendendosi alle spalle verso le vette che racchiudono la modesta Valle Monfalcon di Fuori. Sulla destra il Campanile Gambet desta ammirazione per il suo aspetto slanciato ed elegante. In ambiente dominato dai boschi di conifere raggiungiamo un breve traverso in costa a sinistra su fondo detritico sostenuto da tronchi di legno. Riprende, subito oltre, l’ascensione portandosi sul pendio a destra. La salita tra gli alberi presenta una pausa in coincidenza di un bel pianetto erboso ove sorge il Bivacco Cason di Brica (m 1745 – ore 2,15 dalla partenza). Si tratta di una bella struttura in legno non gestita ma sempre aperta come utilissimo riparo in caso d’improvviso temporale.

Il sentiero prosegue a sinistra del bivacco, in debole discesa per qualche decina di metri, sino a raggiungere un solco con piccolo torrente. Il percorso rimonta per un tratto il modesto corso d’acqua quindi traversiamo un’area che presenta numerosi larici abbattuti o piegati probabilmente a causa di una grande valanga invernale. Usciamo infine dal bosco raggiungendo un ampio anfiteatro dominato a destra dal Mus di Brica, di fronte a noi dalle Cime Fantulina e sulla sinistra dalle rocce del Crodon di Brica. Subito oltre il nostro sentiero, al limitare tra il bosco alle spalle e una vasta zona detritica costellata di massi rocciosi, si innesta nel segnavia 369 (m 1960). A destra si sale alla Forcella dell’Inferno mentre nel nostro caso volgiamo a sinistra in direzione della Forcella Val di Brica.

Il percorso traversa in debole pendenza un grande conoide ghiaioso. Chi percorrerà questa frazione tra agosto e settembre potrà godere di una spettacolare fioritura della rara ed endemica Genziana di Froelich (Gentiana froelichii) dagli sgargianti petali blu. Su detrito roccioso muoviamo in direzione della conca posizionata al di sotto del crinaletto compreso tra la Forcella Val di Brica e Cima Valmenon. La raggiungiamo alternando settori erbosi ad altri detritici per poi salire diagonalmente verso sinistra con i prati che lasciano spazio ad una fitta mugheta. Vale la pena di prendersi il tempo per ammirare alle spalle il grande catino per lo più detritico disteso al di sotto delle Punte e delle Cime Fantulina. L’ambiente, tipicamente dolomitico, appare del tutto incontaminato con minime tracce di passaggio limitate al sentiero segnato appena percorso. Un ultimo breve tratto di ripida salita tra i cespugli di pino mugo consente l’accesso alla Forcella Val di Brica (m 2088 – ore 3,15 dalla partenza), marcata selletta divisoria tra il Crodon di Brica e la Cima Valmenon.

Una digressione dal percorso ad anello permette ora di raggiungere Cima Valmenon. Si tratta di una frazione che richiede piede fermo comunque evitabile dai meno esperti che si limiteranno a proseguire lungo il sentiero ad anello escludendo la deviazione per la vetta. Il percorso per la Cima Valmenon ha inizio in coincidenza della Forcella Val di Brica traversando verso destra in esposizione settentrionale. Un’esile ma evidente traccia taglia il ghiaione restando sotto crinale per aggirarne alcuni risalti invalicabili. Un occhio attento noterà, nelle rocce che sovrastano la traccia, la presenza di un’altra pianta molto rara, endemica delle Dolomiti Friulane e delle Alpi Carniche: si tratta della bellissima Arenaria di Huter (Arenaria huteri) di solito in fioritura ad inizio estate. Il sentierino, a tratti molto stretto, richiede cautela specie in un passaggio piuttosto esposto sul sottostante pendio. In breve guadagniamo una sella del crinale posta alla base dell’anticima. Rimontiamo quest’ultima con il percorso segnalato da rari ometti di pietra ma comunque evidente in quanto ricalca il filo di cresta restandone appena scostato a destra nei punti più ardui. Da rilevare la pendenza davvero estrema di questa breve frazione nonché il fondo a tratti instabile adatto agli escursionisti con esperienza. Raggiunta l’anticima (m 2235) la pendenza cessa: si prosegue quasi in piano sul crinale, ora facile ed erboso, sino a guadagnare il punto più alto (m 2250 – ore 3,45 dalla partenza). Il rientro alla Forcella Val di Brica avviene a ritroso in 20 minuti circa prestando ancora una volta la necessaria cautela alla ripidissima discesa e all’esposizione di alcuni tratti.

Riprendiamo il segnavia 369 calando verso settentrione su facile sentiero, dapprima tra ghiaie e detriti quindi tra i prati d’altitudine e il rado lariceto. La discesa è quanto mai comoda e permette il rapido accesso alla sottostante conca di Canpurós (Camporosso), un suggestivo altopiano prativo in parte acquitrinoso dove troviamo un bivio ben segnalato da cartelli. A destra si sale con il sentiero 367 alla Forcella Lavinal. Nel nostro caso manteniamo il sentiero 369 passando a sinistra del dosso arrotondato sul quale si erge il Casón Canpurós (m 1945). Procediamo dapprima in piano quindi, in coincidenza di un fastidioso ed instabile ghiaione, perdiamo bruscamente quota per poi obliquare verso sinistra nel bosco rado. In breve raggiungiamo un pulpito dal quale osserviamo dall’alto una seconda conca erbosa che ospita la Casera Valmenon. Perdiamo brevemente quota in sua direzione sino ad un nuovo bivio, sempre chiaramente segnalato dai cartelli in legno. A destra si articola il sentiero 361 per la Forcella Urtisel: osserviamo a distanza il sentiero che taglia la fitta mugheta. Ancora una volta manteniamo tuttavia la sinistra guadagnando rapidamente il pascolo che accoglie la Casera Valmenon (m 1778) nota anche come Casera Valbinon. La struttura, restaurata dal Parco Naturale Dolomiti Friulane, è gestita nella bella stagione fungendo da eccellente punto d’appoggio. La posizione in cui sorge appare quanto mai idilliaca grazie al magnifico contrasto tra i verdi prati dell’altopiano e le cime dolomitiche che chiudono l’orizzonte ad oriente.

Dopo una doverosa sosta lasciamo alle nostre spalle la piana erbosa per intraprendere la lunga discesa a valle. Appare superflua una descrizione dettagliata del percorso in quanto almeno inizialmente il segnavia cala nel folto dell’alberatura in discesa ripida ma sempre semplice e ben battuta. Il percorso volge deciso verso meridione calando nella marcata Val Menon e spostandosi inferiormente sulla destra orografica del solco vallivo. A tratti il bosco concede aperture con splendidi scorci verso la sottostante Val Meluzzo. In ultimo guadagniamo il piano erboso che ospita il Cason dei Pecoli (m 1363 – ore 6 dalla partenza). Presso il bivacco ignoriamo il sentiero 359 che sale a destra per procedere nella discesa per pochi metri sino ad un secondo bivio a chiusura del nostro anello. A sinistra sale infatti il sentiero 379 usato all’andata per rimontare la Val di Brica. Nel nostro caso manteniamo il segnavia 361 ricalcando a ritroso, nel tratto rimanente, il percorso d’andata. Ripercorriamo la Val Meluzzo per rientrare infine al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto (m 1163 – ore 7 complessive).

Cenni sulla flora:

Abbiamo già accennato nella descrizione alla presenza, lungo il percorso, di due rare entità endemiche particolarmente preziose. Ribadiamo la presenza della bellissima Genziana di Froelich (Gentiana froelichii subsp. zenariae) presente con numerosi esemplari tra l’innesto nel segnavia 369 e la Forcella Val di Brica. Altri esemplari più isolati sono osservabili nella salita compresa tra la suddetta forcella e la Cima Valmenon. Ne ribadiamo la rarità trattandosi di un endemismo con areale ridotto alle sole Prealpi Carniche e Giulie con particolare riferimento alle Dolomiti Friulane. Curioso il periodo di fioritura concentrato nell’ultima parte dell’estate quando gran parte delle fioriture sono scomparse da tempo. Per questo motivo è impossibile la confusione con altre specie.

Altrettanto rara appare la splendida Arenaria di Huter (Arenaria huteri) con areale centrato essenzialmente nelle Prealpi Carniche. Sono presenti parecchi esemplari nelle rocce che sovrastano la Forcella Val di Brica. Le stesse rocce ospitano un terzo, splendido endemismo: si tratta della Primula tirolese (Primula tyrolensis), magnifico relitto glaciale che limita la sua presenza ad una ristretta area montuosa compresa fra il Trentino Alto Adige orientale, l’alto Veneto ed una piccola area del Friuli a ridosso del confine con il Veneto.

Un quarto ed ultimo endemismo deve essere ricordato, anche in questo caso, per la sua grande rarità. Si tratta della Primula di Wulfen (Primula wulfeniana) il cui areale, in territorio italiano, è limitatissimo interessando una ristretta area delle Prealpi Carniche e delle Alpi Carniche più meridionali. Nell’area di presenza la pianta è molto rara e localizzata. Lungo il percorso descritto è osservabile con alcuni esemplari nei dintorni della Conca di Canpuros (Camporosso). Ovviamente, sia la Primula tirolese che la Primula di Wulfen sono in fioritura precocemente, solitamente in giugno, immediatamente dopo il disgelo.

Molte altre piante attireranno l’attenzione dell’escursionista nella bella stagione. Segue una lista parziale delle specie più rilevanti.

Specie endemiche:

1)      Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleana). Endemismo delle Alpi sudorientali con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli.

2)      Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus), pianta endemica del nord-est, dal fiore particolarmente bello e appariscente per la sua splendida colorazione rosata.

3)      Campanula cespitosa (Campanula caespitosa); endemismo con areale diviso in due parti ben distinte. La prima parte dell’areale è posta in Austria mentre la seconda parte è estesa tra l’Alto Adige e la Slovenia.

4)      Valeriana delle rupi (Valeriana saxatilis), endemismo delle Alpi che predilige massi e rupi verticali.

5)      Bonarota gialla (Paederota lutea); endemica del nordest (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli) ama i ghiaioni e soprattutto le rocce calcaree anche strapiombanti.

6)      Bonarota comune (Paederota bonarota). Specie rupicola per eccellenza, ama le pareti calcaree dolomitiche verticali. E’ un endemismo del nordest italiano caratterizzato in luglio da belle infiorescenze di colore blu.

7)      Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemico di un ampio areale centrato essenzialmente sulle Alpi Orientali, è facilmente riconoscibile dal più comune Rododendro ferrugineo per l’evidente pelosità che ne riveste le foglie.

8)      Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae). Tipica pianta di praterie, ghiaioni e pendii aridi su substrato calcareo. E’ un endemismo alpino – dinarico con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli.

9)      Millefoglio dei macereti (Achillea barrelieri Ten. subsp.oxyloba) endemico delle Alpi centro orientali, presenta il fiore più grande fra le piante del genere Achillea.

10)   Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali appare molto simile, nell’aspetto, a Saxifraga caesia. La distinzione tra le due specie non è affatto semplice e non è d’aiuto l’osservazione dei fiori che in pratica sono quasi identici. Un elemento distintivo risiede nelle foglie, incurvate solo all’apice in S.squarrosa, curve ed aperte su tutta la lunghezza in S.caesia.

11)   Iberidella grassa (Thlaspi rotundifolium), endemica delle Alpi, è facilmente reperibile nei ghaioni mobili tra la Forcella dell’Inferno e la Forcella Val di Brica

Altre specie osservate:

1)      Genziana d’Esculapio (Gentiana asclepiadea) dalla fioritura blu piuttosto ritardata (agosto e settembre).

2)      Luparia (Aconitum lycoctonum)

3)  Sassifraga verde azzurro (Saxifraga caesia)

4)      Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides)

5)      Sassifraga zolfina (Saxifraga bryoides)

6)      Sassifraga setolosa (Saxifraga sedoides)

7)      Potentilla lucida (Potentilla nitida). Caratteristica nel suo portamento strisciante, offre alcune tra le fioriture più spettacolari delle Dolomiti.

8)      Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum)

9)      Rosa di Natale (Helleborus niger)

10)   Prunella delle Alpi (Prunella grandiflora)

11)   Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

12)   Papavero alpino retico (Papaver alpinum subsp.rhaeticum)

13) Brugo (Calluna vulgaris)

14)   Camedrio alpino (Dryas octopetala)

15)   Linaiola d’alpe (Linaria alpina)

16)   Carlina segnatempo (Carlina acaulis)

17)   Graminia di Parnasso (Parnassia palustris)

18)   Campanula dei ghiaioni (Campanula cochlearifolia)

19)   Pepe di monte (Daphne mezereum)

20)   Moehringia cigliata (Moehringia ciliata)

21)   Spillone alpino (Armeria alpina)

22)   Mirtillo (Vaccinium myrtillus)

23)   Ciclamino delle Alpi (Cyclamen purpurascens)

24)   Soldanella del calcare (Soldanella minima) tra la Forcella Val di Brica e la Forcella Inferno.

25)   Crepide dorata (Crepis aurea)

26)   Genziana di Clusius (Gentiana clusii)

27)   Genzianella (Gentiana verna)

28)   Genziana alata (Gentiana utriculosa)

29)   Nigritella comune (Nigritella nigra) nell’altopiano di Canpuros (Camporosso).

30)   Piumino rotondo (Eriophorum scheuchzeri) nell’altopiano di Canpuros (Camporosso).

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