Dosso Le Pone

DOSSO LE PONE (LI PÓNA - m 2556)

Al vertice nord-occidentale del comune di Valdisotto troviamo l’ampia cupola erbosa del Dosso Le Pone (li Póna – m 2556). Qualcuno piegherà il naso trattandosi di un’elevazione relativamente bassa rispetto a quelle circostanti. Vi invitiamo in questo caso a non dare giudizi affrettati, si tratta infatti di un punto panoramico di prim’ordine essendo la cima posizionata lungo la dorsale che separa Valdisotto da Valdidentro. Poche altre posizioni permettono una visione altrettanto spettacolare della prospiciente Cima Piazzi con i suoi ghiacciai. Non è l’unico motivo d’interesse, l’escursione ha infatti inizio con la visita al “Paluaccio di Oga”. Si tratta di un ambiente di torbiera protetto dove è possibile l’osservazione di rarissime specie botaniche. In coda all’escursione trovate nella sezione dedicata alla flora ulteriori ragguagli in merito. La quota non eccessiva dell’impresa fa sì che la neve scompaia relativamente presto rendendo fattibile l’ascesa già in giugno se non prima negli anni più secchi. Apprezzerete senz’altro l’ambiente chiudendo gli occhi agli impianti di risalita osservabili nella zona del Monte Masucco. Il settore è infatti usato in inverno per gli sport invernali ma è nelle mezze stagioni che il silenzio torna ad appropriarsi di queste pendici permettendo un cammino pacifico e solitario.

L’escursione in breve:

Ristorante Al Forte (m 1720) – Paluaccio di Oga (Pian della Torba – m 1705) – Ristorante Al Forte (m 1720) – Sposina Bassa (m 2030) – Malga San Colombano (m 2235) – Bar Ristoro Alpe di San Colombano (m 2260) – Chiesa di San Colombano (m 2475) – Dosso Le Pone (m 2556)

Dati tecnici:

Partenza dal Ristorante Al Forte (m 1720): Difficoltà: E; suddivisione difficoltà in base ai tratti: T sino oltre Malga San Colombano quindi E nell’ultima frazione di salita (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 851. Acqua potabile sul percorso: abbondante fonte presso Malga San Colombano.

Accesso alla partenza:

Si risale la Valtellina con la SS 38. Meno di un km prima di Bormio, in coincidenza di una grande rotonda, passiamo sulla SS 38 var/A con indicazioni per Livigno. Il tracciato prende quota evitando così l’attraversamento di Bormio. Poco prima della località Le Motte volgiamo a sinistra con indicazioni per Oga. La strada raggiunge in breve la frazione quindi proseguiamo guidati dalla segnaletica per il cosiddetto Forte di Oga. In meno di 3 km raggiungiamo il Ristorante Al Forte presso il quale possiamo lasciare l’automobile. Da notare il bel parco alle spalle della costruzione e lo scorcio in direzione del Monte Vallecetta.

Descrizione del percorso:

Il Ristorante Al Forte (m 1720) è sulla destra del piano stradale mentre sulla sinistra si stacca, in salita nel bosco, la forestale chiusa al traffico che conduce al Dosso Le Pone segnalato dal cartello ad ore 3,10 di marcia. Prima di intraprendere la salita vale la pena tuttavia d’eseguire una sorta di interessantissimo prologo che ci porterà alla scoperta del cosiddetto Paluaccio d’Oga, un ambiente di torbiera protetto ricchissimo di flora comprese alcune specie molto rare. Per raggiungere il Paluaccio, lasciata l’automobile presso il ristorante procediamo sulla strada che volge subito verso destra sino all’evidente bivio dopo poche decine di metri. Sulla destra si stacca in salita lo stradello che conduce al Forte Venini di Oga, assai interessante da un punto di vista storico. Nel nostro caso volgiamo invece a sinistra sul fondo ora sterrato che si inoltra con debole dislivello nel bosco. Troviamo quasi subito il pannello sulla sinistra a segnalare il punto in cui si separa il percorso di visita alla torbiera. Si tratta di un breve tracciato ad anello in pratica pianeggiante (appena 20 minuti di marcia) caratterizzato da comode passerelle in legno a permettere l’accesso all’area torbosa non a caso indicata in molte mappe come Pian della Torba (m 1705). Resta importante non uscire dal tracciato per non calpestare l’area protetta rischiando di danneggiare in modo irreparabile piante di palude ormai molto rare e a rischio d’estinzione. Pannelli educativi guidano alla scoperta delle peculiarità della torbiera rendendo il cammino di grande interesse naturalistico. Molto bello appare nel complesso l’ambiente con splendidi scorci panoramici in direzione di Cima Bianca subito a monte di Bormio e del Monte delle Scale. Rimandiamo in coda alla descrizione per ulteriori indicazioni sulla torbiera e soprattutto sulla straordinaria flora osservabile all’interno del biotopo protetto.

In meno di mezz’ora siamo nuovamente al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile pronti a seguire la lunga forestale chiusa al traffico con cartelli indicanti la Chiesa di S. Colombano e il Dosso Le Pone. Trattandosi di un itinerario su ampia carrareccia non vi sono da rilevare difficoltà di orientamento. In coincidenza di un bivio, dopo nemmeno 15 minuti di marcia, i cartelli escursionistici eliminano ogni ambiguità. Complice la densa alberatura a conifere non vi sono in questa prima parte grandi punti panoramici pur non mancando qualche scorcio ad esempio verso oriente andando a scorgere Zebrù e Gran Zebrù. Più in alto possiamo osservare addirittura Pizzo Tresero e il Ghiacciaio dei Forni. La salita procede in moderata pendenza, guadagnando la zona conosciuta come “Sposina Bassa” (m 2030) presso la quale cominciamo ad osservare le pendici di Cima Bianca e del Monte Vallecetta. Poco oltre l’alberatura, complice la quota, si riduce in modo deciso lasciando spazio a grandi appezzamenti prativi. Il nostro sguardo può ora correre libero sulle montagne circostanti mentre il percorso volge con decisione verso destra aggirando le pendici del Monte Masucco. In breve siamo all’ampio piano erboso che accoglie la Malga di San Colombano gestita nella bella stagione (m 2235 – ore 1,30 dalla partenza – ore 2 includendo la visita al Paluaccio d’Oga).

Siamo in una posizione panoramica eccezionale con grandiosa vista sulla sottostante conca che accoglie la città di Bormio e sulle montagne che ne caratterizzano il circondario. Sull’esterno della struttura panche in legno permettono di effettuare una sosta rigeneratrice; è inoltre presente un’ottima fonte che permette di fare scorta d’acqua. Da rilevare il primo scorcio in direzione della sommità per lo più ghiacciata della Cima Piazzi. La visione della montagna è ancora in parte ostacolata dai rilievi circostanti ma diventerà il motivo dominante nel proseguo del cammino. La marcia prosegue oltre la struttura della malga proseguendo lungo l’ampia forestale. In ambiente erboso verdeggiante siamo ora dominati dall’ampio dorso del Dosso delle Pone, obiettivo della nostra salita mentre a sinistra, come anticipato, diviene più evidente la sommità di Cima Piazzi. Restiamo poco a sinistra del Bar Ristoro Alpe di San Colombano (m 2260), aperto solo nella stagione fredda a beneficio di chi pratica gli sport invernali. Siamo ora pressoché in piano lasciando a destra il grande panettone erboso del Monte Masucco. La forestale volge verso sinistra ad aggirare il solco vallivo scavato dal sottostante ruscello. In ambiente caratterizzato da prateria e cespugli di rododendro godiamo di un bel colpo d’occhio a monte del sentiero sulla piccola Valle di San Colombano. Nei silenzi d’inizio estate quasi si stenta ad immaginare la grande confusione di sciatori che si accalcano in questi settori nel periodo invernale.

Andiamo ora ad accostare il ripido pendio dominato sopra di noi dal Pizzo Boron. La forestale lascia spazio ad un sentiero a tratti ripidissimo che taglia verso destra, in lunga diagonale ascendente, il costone erboso. Siamo nella frazione più faticosa di tutto il cammino con il paesaggio che si estende a grande distanza sino ad abbracciare la Valfurva e le montagne che ne fanno da quinte. La ripida e faticosa salita si arresta in coincidenza della marcata forcella che divide il Pizzo Boron a sinistra dal Dosso Le Pone a destra. In coincidenza del valico è presente la piccola Chiesa di San Colombano (m 2475 – ore 2,30 dalla partenza - ore 3 includendo la visita al Paluaccio d’Oga). Subito al di là della sella notiamo un modesto specchio d’acqua raggiungibile in qualche minuto di veloce discesa con una breve digressione. La sommità del Pizzo Boron, sulla sinistra, appare affilata e arcigna ad impedire parzialmente la visione della grande vetta di Cima Piazzi. Nel nostro caso volgiamo verso destra in direzione dell’ampia cupola prativa del Dosso Le Pone segnalato dal cartello a 20 minuti di marcia. Non fatevi ingannare dall’aspetto poco attraente della sommità, sulla quale giunge fra l’altro l’antiestetico impianto di risalita della sciovia delle Pone. Si tratta in realtà di un punto panoramico di eccezionale bellezza come avremo modo di rilevare a breve. Il cammino non è obbligato, pur essendovi tracce di tratturo, essendo caratterizzato da ondulazioni in ambiente erboso con la cima sempre in vista. Guardando durante la salita alle nostre spalle capiamo il perché della fama di questa cima tutto sommato modesta. L’arrivo in vetta al Dosso Le Pone (m 2556 – ore 2,50 dalla partenza - ore 3,20 includendo la visita al Paluaccio d’Oga), regala una visione della Cima Piazzi d’incomparabile bellezza.

Da notare come Cima Piazzi sia la massima cima della lunga frazione del crinale alpino compresa tra la vetta dell’Ortles e il Bernina. Nonostante gli effetti del cambiamento climatico sono ancora presenti sulle sue pendici diverse vedrette a renderne il profilo molto attraente; dalla sommità del Dosso Le Pone non fatichiamo a scorgerne le distese crepacciate e serraccate. Il paesaggio è inoltre arricchito dalla vista della grandiosa “triade” costituita dal Monte Zebrù, dal Gran Zebrù e dalla vetta dell’Ortles in uno dei paesaggi più imponenti e rinomati del circondario. Verso sudest notiamo il grande Ghiacciaio dei Forni. Possiamo infine intravedere il Lago di Cancano, la Val Viola, il marcato valico del Passo di Foscagno e le retrostanti vette nel circondario di Livigno. Il rientro avviene a ritroso per un totale di 4,40 ore complessive di cammino (5 ore abbondanti eseguendo la consigliata digressione al Paluaccio d’Oga).

Cenni sulla flora:

Nel parlare della flora osservabile lungo questo percorso merita una menzione specifica il Paluaccio d’Oga. Si tratta di un ambiente di torbiera esteso per una trentina di ettari protetto dal 1983 con l’obiettivo di proteggerne i delicati ambienti. Nonostante il Paluaccio di Oga sia stato ampiamente manomesso nel periodo compreso tra il 1920 e il 1930 per via degli scavi operati per estrarne la torba utilizzata all’epoca come combustibile, restano ancora presenti al suo interno diverse zone di notevole interesse naturalistico con la presenza di parecchie specie botaniche di grande pregio. Di particolare importanza e valore sono i cosiddetti “relitti glaciali”, specie che arrivarono alle nostre latitudini durante le glaciazioni e in seguito, con il riscaldamento del clima, rimaste confinate in pochissime stazioni delle Alpi. Sono presenti sui dossi di sfagno (un genere di muschio in lento accrescimento nel corso degli anni) dove trovano condizioni che permettono loro di sopravvivere ancora oggi. Citiamo fra queste le piante di Andromeda (Andromeda polifolia), Mirtillo minore (Vaccinium microcarpum) e Moretta comune (Empetrum nigrum). Molto rilevante è la presenza nella palude della Rosolida (Drosera rotundifolia), specie tipica delle torbiere; questa pianta riesce a sopperire alla mancanza di sali minerali del terreno torboso catturando piccoli insetti che vengono imprigionati grazie ad una serie di goccioline vischiose presenti sui bordi delle foglie. Nello spazio di alcuni giorni l’insetto viene “digerito” grazie alla presenza di alcune ghiandole poste sulle foglie stesse rendendo la Rosolida una delle pochissime specie carnivore presenti sul territorio italiano. Una passerella in legno costruita ad arte e i cartelli educativi permettono di identificarla in tutta comodità senza calpestare in alcun punto lo sfagno della torbiera.

All’interno dell’area protetta sono infine da segnalare diverse specie tipiche delle zone di transizione tra ambienti sommersi e settori in progressivo prosciugamento. Tra quelle osservate ricordiamo il Trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata), Pennacchio a foglie strette (Eriophorum angustifolium), Primula farinosa (Primula farinosa), Bartsia alpina (Bartsia alpina), Viola palustre (Viola palustris) e un’altra pianta carnivora: l’Erba unta comune (Pinguicula vulgaris). Sono inoltre da segnalare alcune orchidee tutt’altro che frequenti. Nello specifico sono osservabili l’Orchidea sanguigna (Dactylorhiza incarnata subsp. cruenta - unica stazione della specie in tutta la Valtellina), Orchide incarnata (Dactylorhiza incarnata subsp. incarnata), Orchidea a foglie larghe (Dactylorhiza majalis) e la più frequente Orchide macchiata (Dactylorhiza maculata). Ricordiamo infine una serie di altre specie osservate all’interno del biotopo in occasione della nostra visita: Cariofillata dei rivi (Geum rivale), Tajola comune (Tofieldia calyculata), Brugo (Calluna vulgaris), Uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi) e Mirtillo palustre (Vaccinium uliginosum).

Dopo questa importante nota siamo ad elencare le principali specie osservate lungo il resto dell’escursione, effettuata nel nostro caso nella prima parte del mese di giugno.

1) Botton d’oro (Trollius europaeus)

2) Genziana di Koch (Gentiana acaulis)

3) Dafne rosea (Daphne striata)

4) Acetosella (Oxalis acetosella)

5) Fragolina di bosco (Fragaria vesca)

6) Cariofillata montana (Geum montanum)

7) Anemone alpino (Pulsatilla alpina)

8) Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

9) Margherita alpina (Leucanthemopsis alpina)

10) Ranuncolo di Kuepfer (Ranunculus kuepferi)

11) Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum)

12) Sibbaldia (Sibbaldia procumbens) molto abbondante presso la cima.

13) Billeri pennato (Cardamine resedifolia)

14) Sassifraga solcata (Saxifraga exarata) presso la vetta del Dosso Le Pone

15) Primula di Val Daone (Primula daonensis); splendido endemismo dei terreni silicei con areale centrato prevalentemente nei gruppi dell’Adamello e dell’Ortles – Cevedale con sconfinamenti nei gruppi circostanti. Lungo il percorso descritto è presente sotto la cima del Dosso Le Pone in direzione nordovest.

16) Clematide alpina (Clematis alpina)

17) Linaiola d’Alpe (Linaria alpina)

18) Androsace gelsomino (Androsace obtusifolia) presso la Chiesa di San Colombano.

19) Farfaro (Tussilago farfara)

20) Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum)

21) Azalea alpina (Loiseleuria procumbens), molto abbondante tra la Chiesa di San Colombano e la vetta del Dosso Le Pone.

22) Viola gialla (Viola biflora)

23) Erica carnea (Erica carnea)

24) Bugola piramidale (Ajuga pyramidalis)

25) Piede di gatto (Antennaria dioica)

26) Bosso strisciante (Polygala chamaebuxus)

27) Geranio selvatico (Geranium sylvaticum)

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